Ci siamo: altri dodici mesi trascorsi per far cambiare una cifra su un calendario. Da domani tutto sarà esattamente lo stesso, ma la consapevolezza di una consuetudine umana mi farà sentire di un anno più vecchia.
Ma io amo le ricorrenze, adoro le date, i cicli, gli eterni ritorni. Mi piace osservare la mia vita nel tempo e piantare qua e là qualche paletto con nomi e fotografie.
Sono piena di ricordi, così piena da esser sul punto di vederli straripare. E per stare al passo con la mia memoria riempio anche il presente, lo inondo di nuove possibilità e sensazioni mai provate, lo invento a mia immagine e somiglianza andando a pescare là dove non sono mai stata.
Me lo ricorderò questo 2011.
Un anno pieno di lapidi e di nuovi semi piantati. Di dolore indescrivibile e di gioie sconosciute.
Ricordo ancora come è iniziato: all’insegna di una sbronza colossale in un ristorante a Lucca. Non avevo propositi né volevo domandarmi cosa mi avrebbe portato il nuovo anno. Mi interessava soltanto smettere di pensare. Eppure ricordo di essere stata felice, in qualche modo assuefatta alle mie abitudini.
Vivevo di angosce, di frustrazioni, di enormi dubbi che sapevo diventare sempre più grandi eppure evitavo di risolvere. Perché c’erano sempre quei momenti in cui mio sentivo a casa, in cui mi convincevo che quella era la mia vita, in cui mi raccontavo una serie di bugie sull’amore, per non voler ammettere a me stessa che anche gli amori da favola prima o poi si sgretolano.
Un po’ ci ha pensato la vita, e un po’ ci ho pensato io. Ho distrutto tutto quello che amavo.
Prima inconsapevolmente, e poi in pompa magna, travolgendo tutto ciò che avevo costruito negli anni.
Sapevo quel che stavo facendo, ma non volevo fermarmi a riflettere.
Ero in gabbia e non conoscevo che due vie: fuggire o restare.
Invece alla fine ho ucciso me stessa e ho dato alle fiamme tutto quel che restava. E non per creare un elemento perfetto, per purificarmi o per rinascere, ma solo perché non ne potevo più.
E ho fatto errori enormi, errori che ancora non riesco a perdonarmi. Ho peccato nei confronti di quel che avevo di sacro nella mia vita, ho distrutto le mie ali nel tentativo ultimo di volare.
Ho avuto l’inferno, mi ci sono gettata a capofitto, travestendolo da paradiso. E ho vacillato, ho urlato di rabbia e pianto di dolore. Ho attraversato le tenebre attorniata dalle mie peggiori paure senza più avere nessun appiglio e nessuna luce da inseguire.
Mi sono aggrappata a me stessa, e ho tirato fuori tutto quel che potevo. Ho imparato a camminare anche quando il fango arriva alle ginocchia, ho scoperto che l’apparente follia a volte è un ingegnoso metodo dell’inconscio volto all’autodifesa.
Ho divorato me stessa e sono morta ogni notte per colpa di un’idea. Quell’idea mi ha resa folle e mi ha salvato, ha fatto in modo che solo più tardi io guardassi dritta in faccia la vera fonte della mia disperazione. Quando è successo ho capito di esser già stata al mio funerale, ma senza sopportarne a pieno il peso.
Solo allora, quando la verità è diventata semplice e violenta, ho cominciato a piangere le lacrime più amare di tutta la mia vita. Ogni lacrima ha portato con sé un pezzo di quella che ero, e ad ogni sospiro ho recitato il mio requiem.
Tutto è servito, tutto è stato necessario. Sono rinata, e l’ho fatto attraverso migliaia di altre piccole morti.
Ne è passato di tempo, e ho dovuto combattere ancora con quella disperazione che rende folli, che acceca di fronte alla verità.
Ma ho trovato qualcuno disposto a sopportarmi pur di esser ancora lì il giorno in cui sarei guarita.
Ho imparato che gli amori sono infinitamente mutevoli e che le persone non se ne vanno mai realmente. Ma che si può amare di nuovo, si può vivere ancora.
So molte più cose di me stessa adesso: meno favole e più verità. Ho deciso di portare con me il peso di tutto ciò che è stato e di provare a trasformarlo, a dare nomi nuovi alle cose…cambiare le stelle.
Sì, ci avevo già provato in passato, è vero.
La differenza è che ora ci sto riuscendo.
E’ stato un lungo anno. Non dimenticherò nulla. Rimpiango forse qualche cosa.
La fine ha coinciso con un inizio, l’inizio è diventato vita. Quel che chiedo al nuovo anno è solo di continuare a vivere.
Non ci saranno altri anni così…Non ci sarà più la parte di me che con questo 2011 muore per sempre.
***
Con nostalgia e al contempo sollievo, sono contenta di averti mandato a fanculo mio caro, lunghissimo, anno.
Che il nuovo possa essere pieno dei sorrisi che adesso vedo intorno a me.
“She’s sliding, she’s sliding
Down to the dregs of the world
She’s fighting, she’s fighting
The urge to make sand out of pearls
Heaven can wait
And hell’s too far to go
Somewhere between what you need
And you know
And they are trying to drive
The escalator into the ground
She’s hiding, she’s hiding
On a battleship with baggage to roam
There’s thunder, there’s lightning
And an avalanche of faces you know.
Heaven can wait
And hell’s too far to go
Somewhere between what you need
And you know
And they are trying to drive
The escalator into the ground
And you left your credentials
In a Greyhound station
With a first aid kit and a flashlight
Going to a desert unknown
Heaven can wait
And hell’s too far to go
Somewhere between what you need
And you know
And they are trying to drive
The escalator into the ground.”
(Charlotte Gainsbourg – Heaven can wait)