Abbiamo avuto una stupenda primavera,
dipinta a pennellate rapide e colorate su tele effimere,
sottili come ali di farfalla nella brezza di marzo.
E’ stata una primavera di una durata straordinaria,
così lunga che abbiamo voluto crederla eterna,
piena di sementi pronte a sbocciare per creare nuova vita.
E’ stata la nostra giovinezza, la terra di nessuno
su cui costruire nuovi mondi per trovarvi rifugio negli anni a venire.
Poi il vento impetuoso, quello che ci ha travolti nei tiepidi pomeriggi,
cullandoci immersi in oceani fioriti,
ha lasciato posto all’arsura e alla terra incandescente.
La nostra estate è arrivata molto tempo dopo,
ed è stata folle e rovente.
Ci ha prosciugati e abbandonati sotto un sole violento
a cercare di starci addosso anche quando faceva male.
La nostra giovinezza era già svanita,
ma l’estate bruciava nelle ossa e alimentava quella fiamma
che volevamo chiamare soltanto nostra.
Sarebbe dovuto arrivare l’autunno prima o poi,
dovevamo saperlo.
Ma ci sforzavamo di cercare il colore del grano nell’oro delle foglie cadute,
e la soffice brezza primaverile nel vento che s’alzava dalla terra;
quel vento che adesso abbracciava la polvere sporca,
e ci turbinava attorno, scoperchiando i fragili tetti del nostro rifugio.
Come scoiattoli operosi avevamo messo via ricordi
ed emozioni nei momenti felici, per poterli inseguire
ora che la decadenza dell’autunno sbiadiva tutte le cose.
Forse non ci siamo mai accorti che il sole non scaldava più la pelle,
e che dietro la corteccia spessa il verde marciva.
Non eravamo ancora pronti a lasciarci sfuggire la giovinezza.
Quando è giunto l’inverno avevamo già dato fondo
a buona parte delle nostre provviste.
I cristalli di gelo, splendidi come diamanti e feroci come demoni,
ci hanno sorpresi alle spalle.
Noi ancora volgevamo lo sguardo indietro, ai momenti più dolci,
incapaci di accettare il lento deperire
che già in quella lontana primavera germogliava,
non per vivere, ma per iniziare a morire.
Alla prima leggera spolverata di neve ci siamo stretti più forte,
ma il freddo ci ha indurito il cuore
fino a impedirci di continuare anche solo a sfiorarci.
Il nostro inverno è avanzato lento e inesorabile,
mentre attraverso bufere e tormente ancora ci cercavamo,
incapaci di accettare il suo spietato volere.
Il nostro inverno era vestito di primavera quando ci ha consumati.
Ci ha resi orfani di quella favola
che avrebbe dovuto difenderci per sempre.
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