(Photoshoots by Elvenstar)
"Il vento di primavera canta nella cappa del camino, e di fronte alla finestra del mio studio i vecchi abeti agitano le braccia eccitati e stormiscono.
D’un tratto nel pezzetto di cielo visibile dalla mia finestra piombano giù dall’alto una dozzina di proiettili neri dalla forma aerodinamica. Grevi come pietre cadono giù fin quasi sulla cima degli alberi, poi all’improvviso dispiegano delle grossi ali nere e si trasformano in uccelli, in leggeri pennacchi che il vento impetuoso trascina via, sottraendoli al mio campo visivo.
Io mi accosto alla finestra per osservare il singolare giuoco delle taccole con il vento.
E che cosa non fanno col vento queste taccole! A prima vista sembra che il vento si trastulli con loro come il gatto con il topo. Invece le parti sono rovesciate: sono gli uccelli a trastullarsi con la furia degli elementi.
Ecco, sembra proprio che gliela diano vinta, che si lascino scagliare dal vento in alto, molto in alto, sembra quasi che cadano in cielo: poi, con un piccolo movimento negligente di un’ala si voltano sul dorso, dal disotto aprono per una frazione di secondo le superfici portanti contro il vento, si lasciano cadere con un’accelerazione molto superiore a quella di una pietra, poi con un altro minuscolo movimento dell’ala ritornano nella posizione normale, e ad ali quasi completamente chiuse si lanciano in una vertiginosa corsa di centinaia di metri contro il vento che vorrebbe sospingerli dalla parte opposta.
E tutto ciò non costa loro alcuno sforzo: è lo stesso gigante cieco che compie il lavoro necessario per spingere il loro corpo attraverso l’aria a più di cento all’ora: le taccole non fanno nulla, si limitano a pochi blandi mutamenti di posizione, quasi impercettibili, delle loro ali nere: quale stupendo dominio sulla forza bruta, quale inebriante trionfo del vivente sulle forze elementari dell’inorganico!
[…] Se è vero che il termine canicola è connesso etimo logicamente con i Greci e con Sirio, io lo prendo alla lettera: quando infatti ne ho fin sopra ai capelli del lavoro intellettuale, quando non ne posso più di dire cose intelligenti e di comportarmi come si deve, quando alla vista di una macchina da scrivere sono colto da una nausea irresistibile, sintomi questi che di solito compaiono verso la fine dell’anno accademico, io divento un cane tra i cani, o meglio un animale tra gli animali.
Allora mi ritiro dal consorzio umano e vado in cerca delle bestie, per il semplice fatto che non conosco forse nessuna persona che sia spiritualmente abbastanza pigra per farmi compagnia quando sono in questo stato d’animo. Io ho il dono inestimabile di poter completamente arrestare i miei processi mentali superiori mantenendomi in uno stato di perfetto benessere, e questa è la imprescindibile premessa per potersi sentire così bene come le cinquecento scrofe di Goethe, divenute proverbiali.
Quando in una calda giornata estiva io faccio una nuotata nel Danubio e poi, simile ad un coccodrillo nel fango, mi stendo sulle verdi rive di un ramo secondario, quasi fiabesco nella sua realtà, del grande fiume, in un paesaggio primordiale in cui manca il minimo richiamo alla civiltà umana, a volte riesco a operare quel miracolo cui tendono come una meta suprema i più grandi saggi dell’Oriente:
senza che mi addormenti, il mio pensiero si dissolve nella natura circostante, il tempo si arresta e non significa più nulla, e quando il sole che tramonta e la frescura serale mi invitano a rincasare, non so più se sono passati dei secondi o degli anni.
Questo animalesco nirvana costituisce il migliore contrappeso al lavoro intellettuale, ed è un vero balsamo per le molte piaghe che, nella sua corsa affannosa, l’uomo moderno porta nell’anima."
(Konrad Lorenz – L’anello di Re Salomone)
“(Guardando incroci e attraversandoli
Guardando tutte le luci rosse
Guardando lo stress
Guardando i barboni e i banchieri e le macchine che sfrecciano
Sto affondando in questo disordine)
Aiutatemi! Liberatemi! Salvatemi! Rendetemi libero!
(Guardando tutto lo stress)
È strano - in mezzo a tutta la gente mi sento solo.
Molto strano - nonostante il sole ho freddo fin dentro le ossa!
Se questo è progresso, lasciatemi fuori!
Sopra i tetti, mi sento vivo - amorevolmente distaccato dall’alveare umano.
Sopra i tetti, mi sento così libero!
Lontano dalla città, che mi sta soffocando.
(Guardando incroci e attraversandoli
Guardando tutte le luci rosse
Guardando lo stress
Guardando i barboni e i banchieri e le macchine che sfrecciano
Sto affondando in questo disordine)
È questo quello che vogliamo?
Io credo: sotto la superficie, siamo diventati pietra.
Non vedete? Incontrate i vostri vicini per telefono!
Sono sveglio - guardatemi! Fuggirò - guardatemi!
Se questo è progresso, aiutatemi a regredire!
Solitario, nell’oceano, mi sento vivo - amorevolmente distaccato dall’alveare umano.
Solitario, nell’oceano, mi sento così vivo!
Lontano dalla città, che mi sta soffocando.
Vivete troppo superficialmente, agendo troppo profondamente!
Fallite nel seminare, ma raccogliete con orgoglio!
...e ne volete ancora di più!
Gli indiani ci mostrano da dove venite,
lo stress ci indica cosa siamo diventati, tutti!
Vi sveglierete in tempo!
Scapperete in tempo!
Vi sveglierete in tempo!
Vedrete qual è la puntata!
È questo ciò che vogliamo? ...è questo ciò di cui abbiamo bisogno?”
(PoS – Stress)