~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~
"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."
Original Blog -> Nepenthe
* photos on flickr *
Lunacy 2 - Lunacy 3 - Lunacy 4
Lunacy 5 - Lunacy 6 - Lunacy 7 - Lunacy 8
Lunacy Ph
"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove."
- F. Pessoa -
~ REMEDY LANE ~
- We’re going nowhere...All the way to nowhere –
"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."
F. R.
mercoledì 6 agosto 2014
Far away
venerdì 21 giugno 2013
Happy fox day!

(11-06-2013)
Sì, sono in ritardo per farmi gli auguri, ma non sono riuscita a fermarmi a scrivere prima di oggi. Non credo di aver mai trascurato così tanto questo blog.
Un blog in cui tra l’altro ho ancora 27 anni e sono troppo pigra per aggiornare il profilone. O forse chissà…è Peter Pan che mi sta sul groppone e mi distrae dal farlo.
Ho caricato decine di foto senza quasi scrivere niente, non ne vado molto fiera. Ormai la passione per la fotografia è viscerale, ma un’immagine non dice tutto…a dire il vero non dice quasi niente. Una fotografia immortala un’idea, ma non la racconta. Mi mancano così spesso le parole, eppure avevo tante cose da scrivere un tempo.
Poco male, finchè comunque ci riesco ancora. Ho selezionato un po’ di concorsi letterari che mi sembrano abbastanza seri ed ho iniziato a mandare materiale. Ci devo almeno provare, sono stanca di buttare i miei sogni giù per lo scarico.
Ma volevo parlare del mio compleanno. Che c’è da dire? Ne ho compiuti 29: l’età in cui ti senti vecchio per il semplice fatto che tutti i contratti lavorativi per “giovani” ti chiedono al massimo ventinove anni. Ah-ah…come se questo garantisse un lavoro.
Lavoro non ce n’è, neanche quei lavori che fino a qualche anno fa si trovavano. Che sto facendo allora? Dopo i vari corsi per disoccupati mi son data al tirocinio. Niente retribuzione, solo l’illusione che possa servire, che magari avrò una carta in più da giocarmi sul curriculum. E chi ci crede? Io un po’, perché sono un’illusa di natura. Dovevo almeno provarci, finché me lo posso permettere perché il lavoro dell’uomo va be….uhm, va. Dopo è già deciso, torno a fare la cameriera per mettere da parte questi benedetti soldi e che non se ne parli più.
Perché sono stanca di sentirmi sempre una nullità, sempre l’ultima ruota del carro…ho studiato, ho un’età, di esperienze ne ho un po’ alle spalle, ho sempre lavoricchiato, ho cercato di imparare tutto quel che potevo, fatto corsi, appreso qualsiasi cosa mi sembrasse utile.
Non sono più disposta ad esser trattata come una tra le tante disperate a cui offrire lavori schifosi e sottopagati.
E sono stanca di dire a me stessa che vale la pena sopportare per fare la gavetta, per aspettare tempi migliori. Ma aspettare cosa? Di finire più nella merda di così?
Voglio la mia occasione, voglio mettere a frutto quello che ho studiato. Non posso andare ad un corso ed accorgermi di dover dire io al docente come si fa qualcosa. No, questo mondo gira al rovescio e io non voglio marcire.
Ogni tanto sogno la Svezia. A volte, quando sfoglio delle riviste e vedo foto di Stoccolma, mi viene da piangere. Lì, così, stupidamente…come fossi una bambina.
Penso all’aria pura, a quella sensazione di essere in un posto migliore, un posto in cui se hai voglia di farti il culo le cose funzionano.
E mi commuovo ancora al ricordo di come mi sono sentita ad essere solo noi due lontani da tutto, in un luogo sconosciuto, dove poter ricominciare da zero. E quel cielo…quel cielo sempre mutevole, e il verde tutto intorno. Un paradiso che vorrei conquistare e che al tempo stesso mi terrorizza.
E se fallissimo? La Svezia costa cara, e noi siamo due poveracci. Da due anni cerchiamo di metter da parte il necessario, ma i soldi non bastano mai.
E allora frustrazione, e schifo, e frustrazione ancora. Mi sembra di correre al rallentatore facendo del mio meglio senza che sia mai abbastanza.
Quando ero più piccola, mai e poi mai avrei pensato di finire così, di essere completamente insoddisfatta, di non riuscire ad arrivare da nessuna parte…di non riuscire nemmeno a raggiungere qualche altra parte.
Io e la mia mania per il nord. Perché ho perso tutti questi anni accartocciata su me stessa?
Sono solo una sfigata che esce cinque minuti in giardino e si fa pungere da diosolosacheinsetto e rimane inferma per quattro giorni col piede gonfio come un pallone.
Una stupida che cerca di darsi degli obiettivi a breve termine perché non è più in grado di sognare.
Che mentre torna a casa a piedi pensa a quante lavatrici deve fare, alla spesa, alle fatture da calcolare, alle bollette da pagare, quando una volta metteva le cuffie nelle orecchie e sognava di fare miliardi di cose impossibili.
Questa sono io. Io con i miei 29 anni. E non sono schizofrenica quando dico che c’è una parte di me che non è più me. Io non mi trovo più.








martedì 13 novembre 2012
North from here

Tornata dalla Svezia, solo adesso riesco a trovare un po’ di tempo per scrivere, adesso che le sensazioni più forti che ho provato lassù già stanno svanendo, spazzate via da tutto quel che ho ritrovato qui ad aspettarmi.


Il viaggio è stato meraviglioso! Essendo partiti la sera e poi tornati la mattina i giorni effettivi non sono stati sei ma quattro, in ogni caso sfruttati a pieno! Beh…a parte per il sabato sera, quando sono collassata a letto alle nove e non c’è stato modo di ordinare al mio corpo di muoversi.


Mi succede sempre più spesso ultimamente…ho questi attacchi narcolettici improvvisi che non riesco in nessun modo ad evitare. Capitano soprattutto quando sono a casa, ma anche se sono in giro, magari in un pub tra la gente. Ammetto di vergognarmene, anche perché non ho ancora trovato il modo di contrastarli. E’ come svenire preda di un sonno comatoso, e non solo in giornate in cui effettivamente posso esser stanca per i più disparati motivi. Boh…sarà la vecchiaia? Sarà l’anemia? Sarà un nuovo super potere? Di certo devo trovare un modo per evitare che succeda perché sta diventando sempre più imbarazzante.


Ma io volevo parlare di Stoccolma. Dunque…partiamo dal presupposto che nessuna foto le renderà mai giustizia quanto merita, e dal fatto che io sono sicuramente di parte, ma nel momento in cui dico che è un posto meraviglioso si tratta di un fatto oggettivo!


La prima cosa che mi ha colpito è stata l’aria. Scesa dall’aereo ho inspirato a fondo e mi è sembrato di respirare qualcosa di così cristallino come mai prima in vita mia. Tant’è che per forza di cose poi il primo pensiero tornati a casa è stato “diavolo, l’Italia puzza!”.


L’aeroporto era disperso nei boschi e si perdeva nelle ampie distese pianeggianti della Svezia, per raggiungere la capitale abbiamo preso un autobus e viaggiato per circa un’altra ora e mezza, era sera e c’era la luna piena in cielo, che faceva capolino oltre le sagome scure degli alberi. Grazie alla luna così luminosa siamo riusciti a vedere un po’ di Svezia dal finestrino, nonostante l’ora tarda e l’assenza più totale di illuminazione artificiale.


Arrivati a Stoccolma ad accoglierci c’era una stazione in stile razionalista moderno davvero mozzafiato. Ogni volume architettonico prendeva leggerezza e trasparenza grazie all’uso sapiente dei materiali e della luce. La prima impressione per me è stata quella di esser sperduta in un’enorme città. Tutte le indicazioni erano in svedese e per quanto io avessi cercato di studiare almeno le basi della lingua, l’ostacolo della pronuncia si è fatto sentire davvero tanto. Rimpiango tantissimo di non aver avuto modo di chiacchierare con qualche svedese per farmi insegnare un po’ di cose. La mia migliore amica è stata la voce della metro che mi insegnava almeno i nomi delle fermate! XD


Comunque…siamo arrivati tardi la sera, come dicevo. Lo stomaco brontolava da paura, così abbiamo deciso di provare a prendere uno di quei mini hot dog che avevamo visto già in aeroporto. Ovviamente non hanno fatto altro che aumentare la fame a dismisura, ma è stato in ogni caso il nostro primo incontro con quella che per gli svedesi pare essere una vera ossessione. Ho perso il conto di quanti chioschi di hot dog ho visto…di tutti i tipi e di diverse dimensioni. Buoni per carità, ma c’è di meglio! (certo, per dei turisti squattrinati come noi sono stati una benedizione, dati i costi contenuti).


Tra l’altro potrebbero proporre un’alternativa valida a chi vuole trasferirsi e non sa con che lavoro iniziare! Io lo farei più che volentieri, magari unendo al solito hot dog qualche variante di panino più esotico…come l’onto per esempio!



Non ricordo che ora fosse ma eravamo in super ritardo rispetto all’ora pattuita con l’hotel, quindi siamo corsi in direzione subway (o T-bana, che si legge tiiie bana!) e abbiamo pure scroccato i biglietti gratis dal tizio in biglietteria. La nostra destinazione era Mariiijja Torget, la fermata più vicina all’hotel. Ora, io sono una ranger solo nei miei alter ego, ma nella realtà solitamente faccio abbastanza pena, invece quella sera me la sono cavata egregiamente. Ci hanno pensato numerose vie i giorni seguenti a farmi tornare una ranger fallita!


In ogni caso siamo arrivati all’hotel che erano sicuramente già passate le undici di sera e in ogni dove la gente stava già festeggiando Halloween, anche nel nostro hotel, cioè..nel nostro battello (da leggersi con inflessione chioggiotta per avere un risultato ottimale)!
In pratica un’ala dell’imbarcazione era stata allestita per dare una festicciola strafiga, mentre dall’altra parte alla reception la porta era chiusa e non c’era nessuno. Inutile anche chiamare, perché nessuno rispondeva. Ammetto di essermela fatta sotto per un po’, fino a quando non siamo riusciti ad attirare l’attenzione di un turista belga tanto gentile facendo gesti plateali da fuori l’oblò. Questo è andato a chiamare qualcuno che è venuto ad aprirci e a riceverci.


Beh, la camera era quello che era…l’hotel (sarebbe meglio dire ostello) era in pratica una nave costruita negli anni venti del novecento, che si è fatta per parecchi anni la spola tra la Svezia e l’America. Gli arredi e le stanze erano quelli originari, solo in parte rimodernati.
In pratica ci siamo trovati in una stanza davvero claustrofobica, in pendenza, con l’oblò che non si poteva aprire e la porta del bagno che sbatteva pericolosamente contro il gabinetto mal fissato a terra. Da film? A noi è venuto un sacco da ridere.


Alla fine l’abbiamo presa come un’avventura, e devo dire che nonostante i problemi di circolazione d’aria in una stanza completamente chiusa, prima di andare via quasi già mi mancava. Nonostante tutto non era malaccio, bastava non avere grosse aspettative.
E poi era divertente fantasticare sui tonfi nell’acqua che si sentivano di tanto in tanto la mattina. L’ipotesi più quotata è quella dei corridori annegati per distrazione, perché facendo un calcolo percentuale di probabilità che qualcuno scivoli giù dalla banchina è molto probabile che si tratti di fanatici di jogging, dato che ne abbiamo visti davvero tantissimi, a qualsiasi ora del giorno e della notte. (Sì, lo so che erano solo le ondine del lago che sbattevano sulla chiglia del battello, ma che ce ne facciamo poi della fantasia?)


Comunque era ormai mezzanotte e la festa era già nel pieno, lì per lì ci è parsa una figata, ma subito dopo ci siamo accorti che era tutto stranamente fin troppo tranquillo: la gente in maschera seduta ai tavolini a chiacchierare amabilmente, qualcuno che ballava davanti al dj, niente approcci esagerati, niente schiamazzi, solo qualche ubriaco che ogni tanto scivolava dalla sedia. E’ difficile render l’idea, ma rispetto a qualsiasi festa vista in Italia, l’atmosfera lì era davvero surreale.


In ogni caso non abbiamo resistito a lungo: la fame iniziava a farsi sentire sempre più insistentemente, e il mini hot dog per cena era già un lontano ricordo. Così ci siamo avventurati nella notte gelida esplorando il lato ovest di Söder, e abbiamo trovato…il deserto.
Dopo una certa ora della sera lì per strada non c’è nemmeno un cane, fa così freddo che tutti si rifugiano in casa o nei locali, e anche il traffico è ridotto a zero. C’è solo il silenzio interrotto dal rumore dei semafori che si fa davvero inquietante nelle notti nebbiose (Silent hill mi ha segnato l’adolescenza purtroppo).


Ma ce l’avranno fatta i nostri eroi a cibarsi nonostante la desolazione dell’ora tarda e del quartiere fantasma? Ebbene sì, ovviamente trovando uno di quei già menzionati chioschetti di hot dog. Questo “fortunatamente” faceva anche fish&chips, così almeno abbiam potuto variare la “dieta”.
Fondamentalmente questa è stata la prima avventura notturna a Stoccolma, unita all’esperienza della prima birra pagata fior di corone (con le tassazioni assurde che hanno sugli alcolici lì i prezzi delle birre son davvero da capogiro, eppure bevono sempre tutti!).


Già dal giorno dopo, con la luce del giorno e un bel po’ di gente in giro, abbiamo iniziato ad ambientarci per bene. La colazione all’hotel era un’esperienza che ti metteva di buon umore già dal mattino: niente di che, la tipica colazione internazionale a buffet, ma il salone in cui ci si poteva sedere era davvero stupendo nel suo stile retrò, e si affacciava sul lago, garantendo una vista impagabile verso il municipio e il resto della città sulla riva opposta.


In quattro giorni siamo riusciti a girare abbastanza, anche se ho dovuto selezionare con attenzione cosa vedere e cosa no, perché vedere tutto sarebbe stato impossibile. Nonostante la mia pignoleria organizzativa, però, non sono riuscita a coniugare le esigenze turistiche culturali a quelle shoppingose, tant’è vero che siccome i negozi chiudevano alle quattro del pomeriggio ho fallito miseramente nel mio intento di portarmi a casa un libro illustrato su una volpe! Per fortuna abbiamo fatto in tempo almeno a comprare qualche souvenir per gli amici.


Bene, con la telecronaca mi sono già persa, e probabilmente non sarei in grado di ricordare esattamente quel che abbiamo fatto senza fare una confusione assurda, quindi meglio partire direttamente random.
Vediamo…la città! Beh, è enorme, per girarla a piedi ci vuole parecchio tempo a disposizione ma è un’esperienza impagabile. Nonostante ci fossero mezzi pubblici in ogni dove, e fuori il freddo fosse bello pungente, ho preferito di gran lunga farmi delle passeggiate infinite tra ponti, vicoli, piazze e stradone.


Il lago Malar è una cornice meravigliosa che cinge diverse zone della città e regala una vista sempre mozzafiato. Nonostante sia una grande città, con costruzioni anche moderne e palazzoni, il senso di libertà, di spazio, di perfetta armonia con la natura, è costante.
E’ anche una città affollata, eppure non c’è caos, non si percepisce stress, non c’è intasamento, non c’è smog, tutto sembra funzionare a perfezione. Poi la gente è tranquillissima, sembrano tutti così sereni! Persino nei locali la sera li osservavamo: c’erano personaggi strambissimi, metallari, ubriaconi, alternativi di vario tipo oppure tipi comunissimi, ma tutti erano accomunati dall’essere fin troppo educati, sereni, senza eccessi. E….biondissimi, fighissim…*coff*. Beh dai, non tutti, ma c’è da rifarsi gli occhi!


Dal punto di vista di cose da vedere, c’era da riempire le giornate! L’isoletta dei divertimenti era in assoluto il top: col museo all’aperto Skansen, e il museo della nave Vasa.
In città invece c’era il quartiere più antico che era un vero gioiellino, pieno di vicoletti caratteristici e di negozietti favolosi. La city è forse quella che mi è piaciuta meno, ma nel suo essere moderna è davvero all’avanguardia. Nella piazza principale c’era questo immenso centro culturale in cui abbiamo passato un pomeriggio intero, tra mostre, biblioteche, postazioni libere per l’ascolto di musica, laboratori creativi di ogni tipo! In pratica immaginatevi un palazzo immenso su almeno cinque piani, ad accesso completamente gratuito e assolutamente all’avanguardia nel mettere la migliore formazione culturale alla portata di tutti. Se vivessi a Stoccolma sarei sempre lì!


Per il resto cos’altro c’era di degno di nota? Ah già! Il museo d’arte contemporanea: la collezione permanente non era estremamente numerosa, ma riusciva ad essere esemplificativa di ogni periodo storico-artistico anche se con pochi esemplari veramente degni di nota. Le mostre temporanee invece erano almeno quattro, e una in particolare valeva assolutamente la pena: Duchamp vs Picasso. Solo l’idea in sé era già geniale!


Un altro posto che mi è rimasto nel cuore è il cimitero di Skogskyrkogården. Poco fuori Stoccolma c’era questo piccolo gioiello naturalistico protetto dall’UNESCO. Un parco immenso in cui si trovavano milioni di piccole lapidi, disseminate tra gli alberi e sulle collinette. Niente sfarzo, niente decorativismo, niente retorica: solo la pace immutabile della natura, il silenzio degli alberi, l’azzurro rassicurante del cielo.
Le lapidi erano semplici, solo qualche iscrizione, niente foto o statue o altro. E le poche cappelle presenti avevano un’architettura ridotta ad una semplicità estrema. Quel che ho notato degli svedesi in genere è che non soffrono l’horror vacui e non sentono minimamente il bisogno di decorare o riempire quando si tratta di architettura o più in generale d’arte. Anche nel Municipio ho notato la stessa cosa: sono esagerati solo quando cercano di imitare lo stile di altri paesi, ma per il resto vige la semplicità più assoluta.


Tornando al cimitero, l’ho trovato un posto unico: tutte quelle piccole tracce lasciate dall’uomo immerse nell’eternità della natura sembravano avere in qualche modo un senso più profondo, di eterno ciclo vitale forse, o anche solo semplicemente di profonda unione tra uomo e natura.
L’uomo passa, eppure rimane. Non nell’ambizione di monumentali epitaffi, non nell’arroganza di maestose tombe, ma semplicemente nell’accettazione di essere parte di qualcosa di più grande a cui tornare, alla fine.
Nessun luogo sacro mi aveva mai dato prima una sensazione di pace così totale, di serenità anche nell’accettare il pensiero di qualcosa di così difficile da accettare qual è la morte.


Ma quanto sto scrivendo? Forse dovrei iniziare a tagliare, ma è bene ricordare almeno un paio di ultime cose! Innanzi tutto la carne di renna: siamo riusciti ad assaggiarla in uno dei grandi mercati coperti cittadini, convincendo il tizio che aveva il banco della carne fresca a cucinarcela.
E poi i baretti di Stoccolma: ce n’è davvero tantissimi di rockeggianti, in cui stare al calduccio ascoltando buona musica. Il metal però è davvero poco presente, anche nei locali notturni per metallari abbiam trovato solo dj set e niente concerti. Un po’ ci siamo rimasti male, ma ci rifaremo!


In definitiva? Mi sono innamorata di Stoccolma, è un piccolo gioiello del nord tutto da scoprire. Forse non ci vivrei mai perché se posso scegliere preferisco evitare le metropoli, ma c’è da dire che già nell’immediata periferia ho visto dei quartieri così belli che un pensierino ce lo sto già facendo.


Ho visto il nord, e non ero mai stata così lontana prima d’ora.
Ho vissuto il nord, e non mi ero mai sentita più fuori posto a casa mia.
Ho amato il nord, e non ho fatto altro che alimentare un sogno antico.

Anche se ci siamo ridotti al verde e abbiamo fatto una follia, non posso che adorare il mio uomo che mi ha fatto un regalo tanto splendido. Si poteva aspettare, si poteva andare più avanti, in tempi migliori. Ma chi se ne frega? Si vive una volta sola, ed era questo il momento giusto.
Quante cose mi sono sempre promessa di fare una volta finita la scuola? E poi una volta presa la laurea? E poi la seconda laurea? Alla fine tutti i sogni rimanevano nel cassetto, ma questa volta no.
E sono sicura che non è stata solo una follia, ma anche un piccolo seme gettato per poter costruire forse un giorno qualcosa di più grande…o di ancora più folle.

“Siediti un momento, perché hai fretta?
La bellezza è intorno a noi.
Il cielo rosso del mattino,
i diversi colori dei paesaggi.
la freschezza della brezza.
Quindi, siediti un momento e riposa
con gli spiriti della terra.”
