~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

Original Blog -> Nepenthe


- EviLfloWeR -

* photos on flickr *
Lunacy 2 - Lunacy 3 - Lunacy 4
Lunacy 5 - Lunacy 6 - Lunacy 7 - Lunacy 8
Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

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mercoledì 10 luglio 2013

Misto frutta

Fuggite, sciocchi! Un post che inizia senza neanche una foto può significare una sola cosa: logorrea inarrestabile. (No, non preoccupatevi, qualche foto poi ci scappa…)

Finalmente serata svacco e di conseguenza bisogno impellente di scrivere. Sto diventando un perfetto automa non-stop: lavorare, sistemare casa, cenare, lavorare per la ditta dopo cena, guardare forse un telefilm prima di crollare a letto. Stasera è solitudine, e solitudine vuol dire blog. In realtà vuol dire anche svogliatezza all’ennesima potenza e svacco epico.

Ho notato che quando sono da sola mi passa la voglia di mangiare. Oggi mi sono presa di proposito la cena già pronta, ma poi mi trovo lì, avvolta dalla pigrizia, incapace anche solo di andare ad aprire il frigo. Non so, mi mette tristezza mangiare da sola la sera.
Magari sarebbe l’unico modo di dimagrire…mh. Da quando son fuori casa ho messo su quei sei chiletti in più che ormai si sono affezionati e han costruito casa nelle zone più ambite, e chi se li toglie più? Ancora non capisco per quale scherzo cosmico sia potuto succedere tutto ciò. Quando ero una nerd assatanata che passava ore davanti ai giochi di ruolo ero anoressica, e adesso che ho una vita sono tutta ciccia e mozzarella. Va beh, misteri del mestruo, probabilmente.

E’ ancora una volta un periodo strano. Decisioni da prendere, tanta angoscia e preoccupazioni a non finire. Sono stanca, inconsolabilmente stanca, come un inquieto verso di Pessoa che non trova riposo alla deriva. Mi pongo piccoli obiettivi e cerco di pensare solo a quelli, ma la vita nel frattempo mi scivola dalle mani.
Questo weekend mi preoccupa. Mia madre ha deciso di “investire” su sua figlia i suoi risparmi. Mia madre è convinta che io sia ancora la ragazzina bionda che porta a casa sempre il massimo dei voti e che tutti le dicono essere brillante e piena di risorse. Mia madre ancora pensa che io possa fare tutto nella vita e renderla fiera di me. Ma c’è da dire che mia madre guarda Maria de Filippi e crede a quello che la tv le racconta. Forse non capirà mai che sono una fallita e che a neanche trent’anni ho già sbagliato molte più cose di quante ne abbia fatte giuste. Però in fin dei conti non mi dispiace lasciare che continui a credere alla versione favolistica delle cose.

Quel che stavo dicendo, però, è che mi ha finanziato l’acquisto dell’obiettivo dei miei sogni. Le ho detto che ho trovato un ingaggio per fare foto a delle serate particolari a partire da settembre, così ha pensato che forse sto davvero facendo sul serio, con questa “cosa della fotografia”.
E’ così cara nella sua ingenuità, che non può non fare tenerezza. “Vedi di farci qualcosa di buono” – mi ha detto. Per la mia felicità, poco ma sicuro. Per il mio futuro, ne dubito.

Fatto sta che l’obiettivo dei miei sogni mi sta aspettando. E mi sta aspettando proprio nel luogo dei miei sogni. No no no, volevo dire dei miei ex-sogni.
La solita ironia cosmica. E come faccio a convincere la gente che non mi conosce che tutta la mia vita è un puzzle di assurde coincidenze?
Dovrò tornare proprio lì dove ho sognato di vivere, lì dove la mattina aprivo la finestra e vedevo le montagne, lì dove respiravo aria di casa e sognavo di passare tutta la mia vita. Che effetto può fare tornare nei luoghi della memoria? Camminare sulle stesse strade senza essere più la stessa?

Vorrei lasciarli incontaminati i sogni che ho sepolto, e allo stesso tempo, invece, sento la necessità di dare nuovi significati alle cose. In questo caso, però, ho solo paura di passare troppo vicina alla voragine.
Cercherò di concentrarmi sulla felicità di raggiungere un “obiettivo” (in tutti i sensi) tanto ambito, e al diavolo la mia vena malinconica e nostalgica, che dall’oggi a domani ci si può svegliare sotto un cipresso, e allora chi me lo fa fare di imparanoiarmi tanto?

Pensiamo alle cose belle: obiettivo nuovo, concerto dei NIN a breve, tre settimane di vacanza da passare col mio uomo, squirrellini da accudire. Ah! Ecco, mica l’avevo scritto!
My love non smette mai di stupirmi (sul serio…che cazzo farei senza di lui nella mia esistenza?!) e per il compleanno, anche se in ritardo di qualche settimana, ha pensato bene di regalarmi proprio quello che fino al giorno prima mi aveva assolutamente vietato di prendere:…due meravigliosi scoiattolini giapponesi!
Cioè due cosetti batuffolosi che ti rallegrano le giornate, e che personalmente mi ricordano tanto la mia infanzia. Kami e Yuki sono ufficialmente il terzo e quarto coinquilino, dopo la tragica fine dei pesci.
Kim mi manca sempre più di ogni altra cosa, ma che ci posso fare? Prima o poi me la porto in Svezia e saluti a tutti.












“Hey you, big star
Tell me, when it’s over

Hey you, big mood
Guide me, to shelter
’cause I’m through
When the two
Hits the six
And it’s summer (cloud)










Come - shove it, shove it, shove it
Shove - shove it, shove it, shove it
The sun - shove it, shove it, shove it
Aside - shove it aside









I think God is moving it’s tongue
There’s no crowds in the streets, and no sun
(in my own summer)

The shade, is a tool
A device, a saviour
See I try, and look up
To the sky, but my eyes burn (cloud)








Come - shove it, shove it, shove it
Shove - shove it, shove it, shove it
The sun - shove it, shove it, shove it
Aside - shove it aside

Come - shove it, shove it, shove it
Shove - shove it, shove it, shove it
The sun - shove it, shove it, shove it
Aside - shove it aside







I think God is moving it’s tongue
There’s no crowds in the streets, and no sun

In my, own, summer

Come - shove it, shove it, shove it
Shove - shove it, shove it, shove it
The sun - shove it, shove it, shove it
Aside - shove it aside”


martedì 11 dicembre 2012

E sento...

…che chi sono e chi sono stato
sono sogni differenti.




“Are you in or are you out?
The words are stones in my mouth
Hush little baby don’t you cry
Truth comes down
Strikes me in the eye



Turning season within
Brand new nails across my skin
But who am I to imply
That I was found
That I found you in the white



To overcome this
I become one with
The quiet cold of late November
If you don’t see
I’ll remain unseen
Until there’s time to be remembered



So I had a green light
I was lost in city lights
Not so far from a try
This is not our last goodbye



So I found you
Found a way all through
The quiet cold of inner darkness
And now that you’re here
It becomes so clear
I have waited for you always”


(Katatonia - In The White)



“E quando mi parlerà di un cielo scuro,
di un paesaggio bianco,
ricorderò stelle che non ho visto,
che lui guardava,
e neve che nevicava nel suo cielo.”

giovedì 22 novembre 2012

Hai le borse sotto gli occhi



Sole d’autunno che fa quasi un po’ primavera. Sensazioni di colori accesi che si apprestano a scomparire e di un freddo pungente che accende stelle nel cielo. Non mi fa più lo stesso effetto questo periodo, forse sono solo un po’ meno viva di prima, e mi dipingo le unghie di bianco per pensare alla neve.

Mi guardo e non mi vedo mai com’ero. Cambiano le espressioni, le rughe del viso, la leggerezza dei miei passi. Sono nervosa, sono terrorizzata a volte.
Non ho più fiducia in me stessa e mi manca quella sicurezza un po’ imprudente di chi non teme nulla perché in fondo nulla gli importa davvero, perché tanto c’è ancora un sacco di strada davanti, perché se oggi non va bene domani andrà meglio. E con certe premesse, chi se ne frega dei piccoli fallimenti?

Non mi sopporto più quando ripeto per l’ennesima volta che dev’essere colpa della vecchiaia. Quel che è certo è che mi manca l’energia che spaccava tutto, la voglia di mettermi sempre in gioco, il menefreghismo, l’ottimismo riguardo me stessa, la presunzione di potermela sempre cavare.
Inizio a capire cosa vuol dire avere più ricordi che desideri, a comprendere perché ogni cosa a cui ci si lega diventa simile a un macigno rassicurante dal quale non ci si vuole più staccare.

Più sono le cose a cui tengo e più è difficile mantenere la leggerezza, la sconsideratezza della funambola.
Ogni passo falso non è più solo mio, troppe sono le carte disposte in tavola. Ho quasi dimenticato che forma ha la figura dell’appeso.

Nonostante questo riesco a bere un po’ di sole, a farmi forza con le piccole cose che voglio conquistare. Non dormo per notti intere, nervosa per la prova che mi aspetta, poi mi ritrovo a piegare pigiami e mutande per clienti facoltose e mi domando come ho potuto agitarmi tanto.
Cerco di ricordare a me stessa che una volta mi credevo intelligente. Una volta ero piena di ambizioni.

Si sgretola lentamente quella parte di me che non si poneva limiti e prendeva a calci le paure.
Un tempo temevo me stessa molto più del mondo, ora che invece ho fatto pace con la mia ombra non sono più la persona che avrei voluto essere.

Leggo i racconti di Mann uno dopo l’altro bevendo l’inchiostro come fosse acqua di fonte, e respiro dalle pagine consunte quell’indolente incapacità di vivere che non lascia scampo a nessuno dei suoi personaggi.
Giro le pagine una dopo l’altra e ancora spero che ci sia un lieto fine, soltanto uno. Eppure so benissimo che ognuno di quei personaggi sperimenterà null’altro che frustrazione, delusione, incapacità di esistere degnamente.
E dire che avevo evitato di ributtarmi su Pessoa proprio per scongiurare di finire nel gorgo dell’inquietudine.
Ma c’è qualcosa di bello in quelle pedine mosse da un destino più grande. Qualcosa di bello come un fiore sepolto: hai il sentore che ci sia, ma non ne avrai mai la prova.
Forse dovrei cambiare letture, almeno finché il mio umore non migliora.

“Prendi la pappa reale” – mi ripete mia madre, e sorrido per come a lei le cose appaiono tanto semplici. Ho voglia di neve, e di sole e di stelle. Voglia di smetterla di pensare a questo lavoro che forse avrò, a questo scorrere delle giornate verso qualcosa di utile ma così insensato.
Voglia di trovare le isole fortunate di Pessoa, da qualche parte a sud di tutte le cose. Voglia di mare nel cassetto e di mille bolle blu.

“Sai che d’inverno si vive bene come di primavera?”. Di tanto in tanto quel tonfo che sento nel cuore somiglia proprio all’irruenza con cui Battiato attacca “Alexander platz”.
E ti ricordi che faceva caldo ed era una splendida sera d’estate quando per la prima volta ho sentito questa canzone così piena di inverno?

Vorrei prendere Kim e camminare per ore senza pensare a niente, e poi risponderti al telefono e scoprirmi a sorridere ogni volta che risento la tua voce, mille e ancora mille volte al giorno. Sorrido dentro e non ne posso fare a meno. E non ne posso fare a meno perché ti amo.

“Tarvitsen sinua”. Apro la cronologia di una vecchia conversazione e trovo queste due parole in mezzo a tante altre chiacchiere inutili. “Dovresti imparare a leggere tra le righe” - ti ho scritto poco più sotto, dopodiché il caos.
Chissà se hai mai capito che ti volevo solo dire di notare quelle due parole, abbandonate lì tra altri miliardi di pixel senza senso. No, non le hai mai viste, il tuo ego era troppo grande per permetterti di vedere.

E in cuor mio sento per un istante quella consolazione profonda di chi a distanza di tempo può dirsi fortunato dopo una grande sofferenza.



“E’ il momento di sentire la paura per mantenere l’attenzione.
Ed è il momento di dormire per attingere alla conoscenza.
Queste sono le radici che affondano nel nulla.
Questi i venti sibilanti che non portano in alcun luogo.
E’ il momento dell’alba di un giorno che non arriverà mai.
Posso offrirti un rifugio per sfuggire al dolore.
Puoi provare a resistere, ma sarai deriso dalla sconfitta.
Come puoi ritardare ancora l’inevitabile?
La coppa è vuota, non può più essere riempita.
Ma tutta la sete ora può placarsi.
Questo è l’antidoto.”

martedì 2 ottobre 2012

Tutto fa un po' male



Settembre è già alle spalle e io non ho ancora visto la nebbia. Mi alzo presto la mattina e mi affaccio alla finestra solo per chiudere gli occhi e immaginarmi casa mia.

L’orizzonte è lontano e la nebbia sale dai campi rendendo la visuale sfuocata. È un mondo che non c’è, un limbo che non ha nome, una terra di nessuno sospesa tra sogno e realtà.
È una coltre leggera di fumo che rende meno buia la notte ma non ti lascia vedere dove stai andando.

Mi manca, a volte, la strada che sembra non aver termine; mi manca il silenzio della notte, la sensazione di essere irrimediabilmente distante da tutto.
Sono tornata a casa di rado ultimamente. Sento la mancanza di Kim, dei miei genitori. Ma purtroppo manca anche il tempo, e con quello non si può certo scendere a compromessi.
E mi sento smarrita senza la nebbia in autunno. Sarà assurdo, ma qui non arriva.



Ieri sono stata a casa. Ogni tanto, quando torno, mi impongo di sistemare qualcosa che ho lasciato in sospeso. Perché ormai è passato un sacco di tempo e sembra tutto normale, ma quando ho deciso di andar via l’ho fatto all’improvviso. Non se lo aspettava nessuno, e non c’è stato nemmeno il tempo di mettere un punto alla fine di ogni frase.

Non accendevo il pc fisso da…da? Non lo so da quanto, il fatto è che è rimasto tutto com’era prima che me ne andassi. Il tempo si è fermato ad un giorno imprecisato di un anno e mezzo fa, e sul desktop è pieno di documenti temporanei che non ho più cancellato, di files lasciati in sospeso, di icone di programmi che non ho usato più.

Sembrerà una stupidaggine, ma mi ha lasciato un senso stranissimo addosso. Smanettare qualche minuto su quel computer è stato come rivedere me stessa prima che tutto cambiasse.
La mia vita era quasi tutta lì, per il resto c’era solo un enorme baratro. Quel baratro che ho dovuto saltare a piedi uniti per poterne uscire davvero.

Non sono sicura di aver ancora trovato il modo di fare la pace con me stessa, così come non so ancora se sono in grado di giudicarmi per quella che ero, di affermare con certezza che era tutto sbagliato.
La distanza che adesso mi separa da quel periodo della mia vita è netta, ad osservarmi con il senno di poi non ritrovo oggi quasi nulla di quel che ero. Ma quanti anni ho passato così? Quanto è stata strana la mia vita? Quanto mi ha dato come persona quel contesto? E le persone che lì ho conosciuto? Alcune di queste sono ancora tra le persone più importanti della mia vita.
Eppure continuo a sentirmi addosso quel sentore di terribilmente sbagliato e non riesco a capire in quanta parte riguardi soltanto me.

È un discorso difficile, mi rendo conto di non essere ancora in grado di avere una visione d’insieme, distaccata abbastanza da poter analizzare la situazione con obiettività.
Lascio tutto in un cassetto e mi riservo di riaprirlo ogni tanto, solo per cercarvi delle risposte che non trovo mai.

Fisso lo schermo e mi sembra un vortice pronto ad inghiottirmi di nuovo. Mi vien voglia di ritrovare me stessa, di potermi osservare adesso per com’ero prima, di capire se nonostante tutto ero felice…se ero...migliore?
Rileggo me stessa ed è tutto ancora più strano. Non so più distinguere il bene dal male, mentre cresce in me il dubbio atroce che non fosse poi tutto sbagliato. Uno o due passi falsi…che se li avessi potuti evitare sarebbe stato tutto diverso.

Ma lo so che non è così, so che tutto è stato necessario, so che prima o poi sarei dovuta uscirne e va bene che sia andata così.
Anche se sono stata estrema fino al limite del possibile, anche se ho distrutto tutto in pochi attimi e senza pietà per nessuno, me per prima.


“Lo capiremo prima o poi, che non c’è modo di rinascere senza peccare.
Ma tu hai voglia di rinascere, o è solo che non sai come finire?”



A volte cerco di ripensarci, di ripercorrere le tappe, di analizzare la situazione per intero. Ma è tutto inutile, lo è sempre stato.
Avrei voglia di tornare là, di osservarmi dall’esterno, di trovare una ragione. Avrei voglia di trovare le risposte che non avrò mai.
E la cosa più stupida è che so benissimo che nemmeno mi importa più, che non cambierebbe nulla per il mio presente.
Credo sia colpa di quella voglia latente di trovare un perdono. Di assolvermi dai miei peccati.
Ma ogni volta va a finire sempre nello stesso modo: le domande restano, e di giustificazioni ne posso trovare a centinaia, ma il perdono, quello non arriva mai.
Cosa farei se potessi chiederti “perché”? Cosa farei se mi accorgessi che qualsiasi risposta è inutile?


Così mi sembra tutto senza senso: quel cd con l’iniziale che ogni volta vorrei buttar via, i quadri nelle stanze abbandonate, i versi delle canzoni che fanno ancora piangere.
E sembrano venire da un’altra epoca gli occhi scuri di Kim che mi fissano con dolcezza, il silenzio dei campi, il rumore dell’erba sotto i passi svelti, l’altalena che oscilla senza nessuno seduto sopra.

Non riesco a tracciare un confine tra presente e passato, anche se so vedere esattamente tutte le differenze tra i due. Così, tutto quel che non posso più portare con me lo lascio in un limbo indefinito, che scompare come i campi al mattino coperti di nebbia.

E fa sempre un certo effetto mettermi in macchina con il buio sapendo di avere un sacco di strada davanti a me, con la pioggia che accorcia la visuale, la radio che parte al massimo volume, e quella solitudine perfetta che una volta tanto amavo.

Ripenso a quando solo così riuscivo a piangere, a liberare il cuore, ad urlare. Adesso invece lascio cantare Trent, come facevo quando avevo perso anche la speranza e la voglia di gridare.
E lui urla a squarciagola tutto quello che ho vissuto, tutto quello che ho provato sulla mia pelle, tutto quello che forse avrei preferito non sapere.

La musica è un caos informe che riesce a dare forma ai disastri dell’anima, e mentre lui grida che ormai “ci siamo dentro insieme”, che “nessuno ci può fermare”, io ripenso a quando ho visto la tua mano spingermi verso il burrone, a quando il frastuono svanisce lentamente e in un sussurro tutto il mondo cade a pezzi.
“Without you everything falls apart…. Without you, it’s not as much fun to pick up the pieces.”

Ma io i pezzi li ho raccolti, ho camminato sopra i cocci che si sgretolano producendo quel rumore assordante che scandisce il ritmo di “The fragile”. Ero là anch’io, prima di qualsiasi altra cosa, io ero come te. Io ero come me. Io non mi sarei mai lasciata distruggere.



Dev’essere la pioggia che mi rende incline alla malinconia. O forse quest’avvicinarmi ad una fine che mi costringe a ripensare tante cose.
All’avvicinarsi di ogni termine di una fase della propria vita i conti devono esser fatti, e le fratture ancora aperte sono sempre le stesse. Semplicemente, non fanno più male.

Ma non è vero che il tempo sistema le cose, il tempo sa solo cancellare le tracce di coloro che non passano più sulla mia strada. E cosa farei se il tempo si annullasse in un istante riportandomi davanti tutto quel che ho cercato di dimenticare?
Del tempo non ci si può fidare: è un così abile traditore travestito da sapiente.



Cosa farei se dovessi ritrovarmi di fronte la vita che avevo un tempo? Cosa farò?
Non basteranno un abito meraviglioso o dei tacchi troppo alti a farmi sentire diversa da com’ero, nella stessa situazione, qualche anno fa.
Non sarà niente l’angoscia, la paura di affrontare una commissione, di sbagliare qualcosa. Non me ne frega più nulla da troppo tempo. Ho finito solo perché avevo un debito, non l’ho fatto per me stessa.
Ho odiato ogni notte insonne, ogni attacco di panico, ogni passo fatto dentro quei luoghi che ormai per me non erano altro che lapidi in rovina di un passato perduto.

Ma non sapevo che la prova più dura sarebbe stata un’altra.
Sì, io ho paura. Temo il tuo fantasma, temo la mia ombra.


“..beh, forse fa un po’ male
forse fa un po’ male
ma tutto fa un po’ male
tutto fa
tutto fa un po’ male…”


(Afterhours – Tutto fa un po’ male)