~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

Original Blog -> Nepenthe


- EviLfloWeR -

* photos on flickr *
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Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

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mercoledì 14 novembre 2012

Nulla si crea e tutto si distrugge




Riemergo lentamente da acque torbide, galleggiando sulla superficie ancora increspata dall’irrequieto fluire sottostante.
Sono acque dense come sabbie mobili quelle in cui a volte mi trovo a dimenarmi con l’unico risultato di creare correnti ancora più violente.

Odio sentirmi fragile e in balia di sensazione che non riesco a controllare. Odio lo stomaco che si contorce e gli attacchi di panico che tolgono il fiato la notte. Odio svegliarmi con gli occhi sbarrati, incapace di digerire l’angoscia.

A volte prendo le cose troppo seriamente, e sono così severa con me stessa che autoalimento la mia disperazione. Non c’è nulla di oggettivamente insuperabile, eppure sono riuscita a sprofondare nella melma delle mie paranoie per giorni e giorni senza trovare rimedio.





Sarà stato perché è successo tutto molto in fretta: prima la laurea e il periodo iper-stressante che ha preceduto la discussione, poi i pochi giorni per dedicarmi a tutto quel che avevo trascurato e subito dopo il viaggio.
Appena tornata mi è crollato tutto addosso, non solo perché ho visto con molta più chiarezza quanto meglio si stia in altri paesi, ma perché solo in quel momento ho capito che il peggio doveva ancora venire.
Mi sono ritrovata improvvisamente catapultata in una realtà insostenibile.

Ho studiato per anni, forse troppi anni. Soprattutto verso la fine della mia carriera universitaria i tempi si sono allungati all’infinito e gli anni hanno continuato a passare.
Ho sempre fatto lavoretti da studentessa: cameriera, promoter e lunghissimi tirocini nei musei. Spesso erano cose che mi schifavano terribilmente, ma le affrontavo con serenità perché ripetevo a me stessa che erano solo soluzioni temporanee.





Adesso però quel pensiero non funziona più, perché adesso ho 28 anni e sono già troppo vecchia per tutto, ma le esperienze che ho nel mio curriculum non bastano neanche per avere il più stupido dei lavori.
Figuriamoci i titoli di studio: valgono praticamente zero, o addirittura in certi posti vengono visti come un motivo per preferire il curriculum di qualche non laureato al mio. Bellissimi quei voti fighi sul curriculum, ma a cosa servono adesso?

Non ho speranze di lavorare nel mio campo di studi. Ok, questo sapevo già, ciò non toglie che sia difficile accettare di aver buttato anni di esistenza per poi rassegnarsi a fare un lavoro qualsiasi che avrei potuto trovare anche subito dopo il diploma.
Il problema è che a questo senso di frustrazione se ne aggiunge uno ben peggiore: anche se son disposta a fare qualsiasi tipo di lavoro, di lavoro non ce n’è.
Ho perso il conto dei curricula mandati e portati in giro, eppure non ho ricevuto nemmeno una chiamata, nemmeno una possibilità di avere un colloquio. Non c’è lavoro, chi ce l’aveva lo ha perso o lo perderà a breve, qualcun altro invece resiste, ma tutti abbiamo paura e la situazione non accenna a migliorare.





Così non solo ho buttato anni e anni per farmi una carriera universitaria, ora mi ritrovo troppo vecchia, senza le esperienze sufficienti per essere assunta, a elemosinare lavori che comunque mi schifano.
Io onestamente non riesco a immaginare di peggio. Se poi mi metto a pensare che se mai dovessero prendermi da qualche parte farei la schiava e non esisterebbero più domeniche, il quadro di disperazione è totale.
Non che per principio mi interessi la domenica, ma l’idea di non avere più neanche un giorno da passare in tranquillità col mio uomo mi spaventa terribilmente. Fa nulla, tanto per ora nulla si muove.

O meglio, sto aspettando una chiamata dall’unico ente che mi ha presa in considerazione per un lavoro temporaneo limitato al periodo di una mostra. A breve saprò se almeno lì i miei voti saranno serviti a qualcosa o se invece non conteranno abbastanza nemmeno per darmi una possibilità nell’ambito artistico (per inciso: possibilità assolutamente misera, dato che capirai che grande talento ci voglia a fare i biglietti, vendere gadgets o distribuire audio guide).
Però con la crisi nera che mi vedo attorno questa unica possibilità mi sembra l’unica cosa che potrebbe davvero darmi un po’ di speranza (e uno stipendio almeno per qualche mese…).





Così aspetto e (spero) mi dispero, mentre la mia mente continua a lavorare incessantemente pensando a tutte le opzioni possibili da considerare per trovare un lavoro.
Non mi do pace e più ci penso più mi angoscio, ma sto lentamente imparando a calmarmi e ad accettare la situazione senza farmi esplodere le budella.
Per ora non stiamo certo morendo di fame, io mi occupo della burocrazia e della contabilità della ditta dell’uomo e già questo mi fa sentire almeno in parte utile.

Ma non posso accettare di continuare a sopravvivere, io voglio vivere, voglio avere delle possibilità che un tempo mi sono state promesse, quelle possibilità che altri giovani prima di me hanno avuto, in tempi migliori.

Non voglio arrivare ai trenta e continuare a vivere alla giornata senza potermi permettere di sognare. Che si tratti di sognare dei figli, un matrimonio, o anche solo una casa più grande, la possibilità di avere dei fondi economici per qualsiasi emergenza o desiderio.
Non sto parlando di vivere nel lusso, ma almeno di non dover esser presi dal panico se per caso saltano fuori spese impreviste, e sospirare tristemente ogni volta che con l’affitto un sacco di soldi se ne vanno senza aver veramente investito in nulla.





Quando torno a casa dai miei mi guardo intorno: case grandi, giardini immensi, gente che sta bene, che ha anche una o due macchine parcheggiate nel cortile. Sono famiglie che hanno avuto modo di formarsi in tempi in cui facendosi il culo era ancora possibile arrivare ad ottenere qualcosa.
Vicino ad alcune di quelle case ne sono state costruite di nuove: i figli con la loro nuova famiglia e prole al seguito, alcuni hanno la mia età, ma hanno trovato un posto fisso almeno una decina d’anni fa e ora per loro è tutto diverso.

Mi pento delle mie scelte? Sì, amaramente, e lo confesso. Non sono solita avere rimpianti né rimorsi, soprattutto per quanto riguarda scelte personali, ma ora che mi guardo intorno e vedo un futuro che mi fa paura, mi chiedo perché non ho fatto altre scelte, perché non ho semplicemente deciso di fermarmi prima…sarebbe bastato anche solo qualche anno fa.

Mi rendo conto di quanto possa sembrare una lagna questo post, anche perché lamentarsi è inutile e in questa barca che affonda ci siamo dentro in molti. Penso di non avere detto nulla più di quanto già si sa, e di avere espresso semplicemente il pensiero di tanti altri giovani come me (che poi così tanto giovani non lo sono più).





Continuo a cercare e a farmi coraggio, aggrappandomi alle poche cose che mi rendono felice, come il fatto di avere un compagno di vita pronto a sostenere qualsiasi mia scelta. Non so come farei se non ci fosse lui, perché è forse l’unica cosa in cui non mi sento una fallita, l’unica certezza di aver costruito qualcosa di importante nella mia vita.
E in un certo senso so che finché saremo insieme non ci saranno periodi neri che non potremo superare, come già è successo in passato, perché anche se tutto dovesse andare a rotoli saremmo pronti a ripartire ovunque. Insieme.





Vorrei solo essere meno esigente e severa con me stessa. Vorrei il dono dell’indulgenza e del menefreghismo. Vorrei tornare a fare la cameriera senza quel terrore incontrollabile che stavolta sia “per sempre”.

Basta lamentele, non saranno certo le parole a salvarmi, non questa volta.
C’è una canzone di Milow che voglio dedicare a tutti noi della generazione tradita, a noi che non possiamo nemmeno più credere nei sogni: “Born in the eighties”.






Sono cresciuto negli anni 90, o almeno ci ho provato,
alla ricerca di modi per sentirmi soddisfatto.

Sono andato a San Diego per trovare fortuna.
Tornato dodici mesi dopo di nuovo ero bloccato.

Mi sentivo come un pesce rosso incastrato in un’ampolla
Ero in attesa di qualcosa che potessi controllare.


Dopo il 2000 non ero più un ragazzino
Il mondo non è finito, ma qualcos’altro sì.
Quando mio padre se n’è andato avevo appena 19 anni.
Non doveva esser felice come io pensavo che fosse.

Se questa è la mia sceneggiatura non mi piace il mio ruolo.
Ma queste sono le cose che non si possono controllare.


Anche se mi sento più vecchio, ho appena 23 anni.
Se sei in cerca di risposte, non venire da me.
Invece di un futuro ho una chitarra,
ma sognare a oltranza non mi porterà lontano.


Eppure mi sento pronto per il rock n’roll.
Ci potrebbe essere qualcosa che posso controllare.

Con il tempo arriverò ai 30 e ne avrò abbastanza
di essere un ventenne perennemente innamorato.

I miei amici saranno tutti sposati
oppure se ne saranno andati.
E io sarò ancora lì a chiedermi cosa sta succedendo.

Se è ciò che serve venderei la mia anima,
pur che ci fosse qualcosa che posso controllare.

Un giorno mi sveglierò e avrò 38 anni,
e mi ritroverò a fare le cose che ero solito odiare.

Il trucco per dimenticare il quadro più grande
è guardare tutto a distanza ravvicinata
più spesso che si può.

La nostra rivoluzione è coperta di muffa.
C’è solo così tanto che non è possibile controllare.


Questo non è un inno, perché gli inni sono orgogliosi
e l’orgoglio non è qualcosa che ha a che fare con questo.
Non dovrebbe importarmi, non dovrebbe importarmi,
ma mi importa, e qualche volta è troppo difficile da sopportare.

Cammino ancora sulla stessa strada
con le mie scarpe piene di buchi
in attesa di qualcosa che non possiamo controllare.


Se mai arriverò ai 50 o ai 65,
è troppo presto per dire se sarò ancora vivo.
Siamo nati negli anni 80 e adesso siamo qui.
Il sogno della mia Generazione scomparirà.


Sono al cimitero e passo tra le file.
Una resa silenziosa non arriverà mai così vicino.

Questa è la mia storia,
l’hai ingoiata per intero.
Ed è una storia su di noi,
sul nostro bisogno di avere il controllo.


(Milow - Born in the Eighties)