"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere, un cuore eccessivamente spontaneo che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale; che accompagna col piede la melodia delle canzoni che il mio pensiero canta, tristi canzoni, come le strade strette quando piove."
"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani Per toccare, per curare, implorare e strangolare. Ma io non so chi sono, e tu ancora non sai chi sono..." F. R.
Vorrei raccontarti di quando caddero le stelle e persi me stessa. Vorrei farti i vedere i sogni prendere la forma di una lucida follia senza ritorno. Vorrei spiegarti perché i desideri hanno la profondità di due occhi verdi che si perdono nella luce del tramonto, perché la voce di Mika Tauriainen suona come neve mai caduta in inverni dimenticati, perché le cose si rompono e non ce ne facciamo una ragione neanche dopo molti anni.
Vorrei poterti parlare dell'amore come nessuno lo ha fatto mai, descriverti la sua voce, il modo in cui mi guardava, le poesie meravigliose che ci siamo scritti, le tragedie che si sono consumate nella distanza infinita di una retta che collega infiniti punti, destinati a congiungersi senza futuro.
Vorrei darti il mio cuore affinché tu possa vivere la favola come l'ho vissuta io, senza tramite di parole, giudizi, interpretazioni. Ma la verità è persa per sempre, sepolta sotto i cocci delle certezze infrante, e non c'è modo in cui io possa davvero raccontartela.
Serbiamo tesori inestimabili di ricordi soltanto nostri, celati nelle profondità della memoria. Quelli di cui non parliamo mai, se non in qualche serata un po' alcolica, per metafore o allusioni, senza dire poi nulla, lasciando che le parole incespichino e si perdano nei discorsi di qualcun'altro che inevitabilmente ci parlerà sopra.
Vorrei che ci fosse un modo di raccontare la storia d'amore più bella che io abbia mai vissuto senza sentire il peso della colpa.
Vorrei che quel bracciale non si fosse mai rotto. Sette anni sono davvero tanti. Mi sono sempre chiesta come sarebbe successo, quando o perché. Immaginavo che avrei recepito una sorta di segno, così come è sempre stato con lui: un labirinto di coincidenze e magie difficili da spiegare.
Invece no...in una sera di fine estate, al ritorno dalle vacanze, a pochi giorni dall'acquisto della casa, in un periodo in cui tutto sembra cambiare eppure niente viene stravolto....*fran*. Rotto.
“A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'è una ragione. Perché proprio in quell'istante? Non si sa. Fran." (Baricco)
Sorrido al ricordo di quel giorno, al pretesto che ci ha portati ad avere quei due fili di stoffa e ad intrecciarli con le nostre mani, le nostre vite, i nostri desideri che avevano un destino già segnato.
Tanto più ci sentivamo fragili e senza futuro, tanto più era smisurata la bellezza effimera del nostro sogno.
Non sono mai guarita davvero. Ho perso tutto e avuto ogni cosa nello stesso istante.
Niente è più stato lo stesso nella mia vita. La purezza delle certezze, persa per sempre.
Ho una foto di quei giorni, e anche a distanza di tanto tempo mi trasmette intensamente la desolazione e la forza che ho provato in quei momenti.
E' strano vedere la mia pelle ancora candida e quasi del tutto inviolata. Ma covavo nelle viscere tutto il nero che poi sarebbe trapelato, un po' per volta, lasciando le cicatrici che ora mi porto addosso sotto forma di inchiostro.
E' iniziato tutto da lì, da un sogno, una spirale...una voragine.
My story to tell.
Pensavo di scrivere un post sul mio ultimo tatuaggio, ma non lo farò. O forse centrerà anche lui, in qualche modo.
L'altra sera siamo passati in moto per il centro di Padova. Fa un caldo atroce in questi giorni, ma la brezza serale è un sollievo immenso per il motociclista. Ce la siamo presa con calma, passando per diverse strade e lasciando fluire i pensieri dopo una giornata lavorativa intensa come mille altre, tutte uguali. "Everyday is exactly the same..." - lo sa spiegare così bene Trent.
Ecco, mi sono già persa. Forse dovrei andare a morire sul divano guardando una sfilza di telefilm, o finire le millemila foto accumulate (sia stramaledetto il mio secondo lavoro) o magari buttarmi a letto e riposare una buona volta gli occhi.
Invece no, starò qui a scrivere e contemporaneamente maledirmi mentalmente perché non ne sono più in grado, non come una volta.
Dicevo..
Passo per queste strade, con l'aria sul viso e la puzza di una città inquinata da fare schifo, e mi guardo intorno con la pacata rassegnazione di chi sa già che è cambiato tutto. Eppure ci sono cose che restano sempre uguali pur mutando leggermente aspetto, cose dall'essenza eterna, che si prestano così bene ai desideri della memoria.
Il Maldura è sprangato, visto l'orario, ma si erge splendido e maestoso...o forse è un po' in rovina? E' decadente, questa è la verità, ma io lo vedo monumentale e denso di significati. La statua di Petrarca è sempre lì, nella stessa maledetta posizione che se ora ci penso non la ricordo, ma vedendola potrei riconoscerla tra mille. L'inconscio ricorda a perfezione cose che la ragione offusca.
Su quei gradini ho lasciato così tanti pezzi di vita che vederli vuoti e macchiati da banali immondizie mi riempie l'anima di sconforto. Mi chiedo se odorino un po' anche di cipolla e di kebab, con tutti i pranzi consumati così, tra i libri dell'università e le chiacchiere fantasy.
Percorro le strade che ho fatto a piedi ogni stramaledetto giorno della mia vita per interminabili lunghissimi anni, ed immagino me stessa lì sul marciapiede, la borsa a tracolla pesante come un macigno per via dei libri, l'abbigliamento rigorosamente nero e un po' trasandato da brava nerd sfigata, il viso struccato e diafano, i capelli biondi.
Immagino di avvicinarmi a quella ragazza che non mi assomiglia e di sussurrarle all'orecchio. Vorrei dirle che tra dieci anni sarà tutto molto diverso, ma che lei sarà ancora lì, sulla stessa strada, e rincorrerà come perle preziose che cadono a vuoto in un precipizio tutti i ricordi più cari. I ricordi che per quella ragazza ora sono presente.
Dovremmo sempre apprezzare di più il presente. Viverlo, spremerlo, buttarcelo addosso ed andarci in giro fieri come fosse la cosa più importante che abbiamo. Perché lo è davvero...importante. Ma soprattutto è insostituibile.
So perfettamente che non percorrerò mai più quella strada con gli stessi occhi e lo stesso cuore, potrei farla altre cento volte ma non sarà mai più lo stesso. Io non sono la stessa.
Vorrei dirle che è bella, che è speciale, e di smetterla di farsi paranoie e di starsene nel suo mondo convinta che verranno tempi migliori, tempi in cui si prenderà le sue rivincite e avrà modo di pensare più a vivere che a studiare. Vorrei urlarle di uscire, di fare cazzate, di ubriacarsi e di passare più tempo con quelle persone che ama. Ma lei non mi sente, ed io sono solo l'ombra dei desideri che un tempo ho avuto.
Vorrei dirle che si innamorerà ancora e che farà cazzate enormi. Ma che non guarderà più con la stessa meraviglia due occhi azzurri e non ci saranno altre favole su cui costruire assiomi e stelle vergini su cui trapiantare sogni. Vorrei poterle spiegare che nonostante tutto sarà forte, e che non smetterà di volare sempre più veloce di dove arrivano i suoi passi.
Se potesse sentirmi forse cambierebbe tutto, o magari no.
Siamo in potenza un uragano di possibilità, ma preferiamo dormire tra la tempesta che è stata e quella che verrà.
Lo sapevo che alla fine il cerchio si sarebbe chiuso. E' così che funziona, è così che tutto acquista senso solo dopo molti anni, quando il pensiero abbraccia il senno di poi e la coscienza di sé traccia mappe chiaramente leggibili.
Ma è sempre troppo tardi. Restano la nostalgia e la consapevolezza. Non ho certo imparato dai miei errori. Ma dormo in mezzo alla tempesta, e urlo verso la luna.
"Men with both roots and wings
they tie us down and ask us to leave
they are teachings unheard, they are bodies on smoke
Men with both roots and wings
at a singular voice we moan
our teachings mislead, our teachings like smoke
we sleep between the storm that was
and the wind which has to come
We've learnt to learn everywhere
and the very own nature has taught us to wait
difference does sound like sin, equality reliefs
and that fame rhymes with hate yet everything is fair
on the intervals of your death
misguided demons or forthcoming heroes
each one with an important name
nothing else than an important name.
Men with both roots and wings
at a certain time we are one
our little tricks, our innocence stubborn
Men with just little wings, men with just little minds
Men with just little eyes, men with just little deeds
"Ci sono due specie di persone. Ci sono quelli che vivono, giocano e muoiono. E ci sono quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della vita. Ci sono gli attori. E ci sono i funamboli." Neve - 雪 - M. Fermine
La superficie grigia increspata oltre il finestrino del traghetto è l'ultimo brandello di nord che mi resta. La strada verso casa è ancora lunga, ma già mi preparo ad accettare la desolazione che comporterà il ritorno a una situazione che negli ultimi mesi è diventata semplicemente insostenibile.
Ma lo faccio avendo gli occhi ricolmi del verde di terre antiche e selvagge, di cieli infiniti e costantemente mutevoli, di meraviglie indescrivibili, di persone stupende che ci hanno aiutato, ospitato, cibato. Di promesse, consigli, suggerimenti e una marea di informazioni più o meno precise che hanno bisogno di trasformarsi in una volontà chiara e perentoria.
Ci vorrà il tempo che ci vorrà, ma niente ci impedirà di provare a realizzare un sogno o una disfatta.
È il viaggio che conta, da qualche parte arriveremo.
''Era una specie di lancinante, dolorosa meraviglia. Ti senti una specie di consolazione, dentro, quasi una rivelazione, che ti spalanca l'anima, per così dire, ma contemporaneamente senti una specie di fitta, come la sensazione di una perdita irrimediabile, e definitiva. Una dolce catastrofe. Credo che c'entri il fatto di essere sempre fuori, in quei momenti lì, sei sempre lì che li guardi da fuori. È una cosa strana. Quando ti accade di vedere il posto dove saresti salvo, sei sempre lì che lo guardi da fuori. Non ci sei mai dentro. È il tuo posto, ma tu non ci sei mai.''
Nei
reconditi anfratti dei miei lontani ricordi fluttuano candide dame in
compagnia di esseri sventurati, fra la malinconica nostalgia dei
rimpianti, fra centinaia di fredde e scheletriche statue...
Il palpito immortale dei miei aneliti mi portò a sconfinati altopiani di foglie morte, inverni desolati e leggendari castelli.
Fu
in un cupo, interminabile corridoio che iniziai il mio cammino, da lì
corsi attraversando centinaia d’antiche cripte nella cui suadente
oscurità mi persi, immersa nella bellezza di languidi sguardi.
Fino
ad allora, le mie dame non incontrarono la strada del bosco, perché
sempre rimasero in letargo fra le mura di mille fortezze e cupe magioni,
tormentate da bestie grottesche nelle sotterranee segrete dei miei
sogni.
Per
sempre rimarranno onirici frammenti della loro desolata esistenza e i
loro scenari continueranno ad essere immersi nelle nebbie, là dove il
sole si perde per sempre e le rovine del sentimento si ergono ancora
sotto il lacrimare dirotto di piogge e tempestose.
La
lucerna accesa per illuminare la mia oscurità smise di emettere i suoi
lividi bagliori per lasciar posto alla luce del giorno...
Vago
è il ricordo... ma riuscii a ritrovare il portone principale del
castello, camminai su ponti levatoi e fui fuori, oltre le grate che
custodivano i miei sogni in chiaroscuro.
Ora mi trovo nel fitto della boscaglia. Vedo folletti che si celano e mi sorridono mentre fluttuo su ambrate acque stagnanti.
Ma oltre il bosco continueranno ad annidarsi pericoli, tristezze e, sicuramente, anche infiniti piaceri.
Seppi che ero libera, quando mi guardai intorno e milioni di suoni e colori diversi si protesero verso di me...
Mi
ricordai di vecchi racconti e rammentai i ghigni di vecchie megere che
volarono sulle loro scope nei cieli purpurei della mia intimità.
Ora mi attendono città che non ho mai visto e scoprirò leggende di principi misteriosi, e il suono della musica immortale.
Sì,
alla fine, sento persino l’amore; sarà fra le braccia di un vampiro
sognato, ebbra della musicalità di un salone dorato, oltre ogni timore.
Immersa nel suo calore, nel gelo e nella seduzione. E il mio nome sarà Favole.
Nella
quiete di una tranquilla dimora gli fu facile scoprire il suo passato,
mentre contemplava assorto il suo volto assopito e dipingeva immagini di
una città italiana nella quale le gondole fluttuano con calma in un
soave vagare fra oscuri canali.
Fu
il suo cuore segreto che manifestò la passione per il teatro, a
Venezia, dove soleva rammendare i minuscoli costumi dei suoi allegri
burattini.
Dopo
il crepuscolo, il vampiro innamorato le offrì come dimora il suo
castello e a mezzanotte celebrò una lugubre festa mascherata le cui
melodie risvegliarono dal faticoso sonno la giovane dai capelli ramati. Ezequiel non dimenticò mai la sua espressione viva ed estatica, in quell’alba di spettri fluttuanti.
Come
un leggiadro cavaliere, azzimato in uno sfarzoso abito da sera, danzò
con lei per tutta la notte, volteggiando fra la curiosa sorpresa di
tutti i ballerini di quella corte sinistra.
Da
allora un teatro di marionette cessò la sua attività per far posto a un
ballo di musiche e colori. Le torneranno per sempre in mente i
misteriosi sguardi di ballerini mascherati, quelli che si innamorarono
di Cenerentola in un palazzo veneziano.