~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

Original Blog -> Nepenthe


- EviLfloWeR -

* photos on flickr *
Lunacy 2 - Lunacy 3 - Lunacy 4
Lunacy 5 - Lunacy 6 - Lunacy 7 - Lunacy 8
Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

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domenica 21 agosto 2016

There is no one to blame...

...but me.

(Shamrain - To Leave)


Vorrei raccontarti di quando caddero le stelle e persi me stessa. Vorrei farti i vedere i sogni prendere la forma di una lucida follia senza ritorno. Vorrei spiegarti perché i desideri hanno la profondità di due occhi verdi che si perdono nella luce del tramonto, perché la voce di Mika Tauriainen suona come neve mai caduta in inverni dimenticati, perché le cose si rompono e non ce ne facciamo una ragione neanche dopo molti anni.

Vorrei poterti parlare dell'amore come nessuno lo ha fatto mai, descriverti la sua voce, il modo in cui mi guardava, le poesie meravigliose che ci siamo scritti, le tragedie che si sono consumate nella distanza infinita di una retta che collega infiniti punti, destinati a congiungersi senza futuro. 


Vorrei darti il mio cuore affinché tu possa vivere la favola come l'ho vissuta io, senza tramite di parole, giudizi, interpretazioni. Ma la verità è persa per sempre, sepolta sotto i cocci delle certezze infrante, e non c'è modo in cui io possa davvero raccontartela. 

Serbiamo tesori inestimabili di ricordi soltanto nostri, celati nelle profondità della memoria. Quelli di cui non parliamo mai, se non in qualche serata un po' alcolica, per metafore o allusioni, senza dire poi nulla, lasciando che le parole incespichino e si perdano nei discorsi di qualcun'altro che inevitabilmente ci parlerà sopra.

Vorrei che ci fosse un modo di raccontare la storia d'amore più bella che io abbia mai vissuto senza sentire il peso della colpa.



Vorrei che quel bracciale non si fosse mai rotto. Sette anni sono davvero tanti. Mi sono sempre chiesta come sarebbe successo, quando o perché. Immaginavo che avrei recepito una sorta di segno, così come è sempre stato con lui: un labirinto di coincidenze e magie difficili da spiegare.
Invece no...in una sera di fine estate, al ritorno dalle vacanze, a pochi giorni dall'acquisto della casa, in un periodo in cui tutto sembra cambiare eppure niente viene stravolto....*fran*. Rotto.


“A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'è una ragione. Perché proprio in quell'istante? Non si sa. Fran." (Baricco)

Sorrido al ricordo di quel giorno, al pretesto che ci ha portati ad avere quei due fili di stoffa e ad intrecciarli con le nostre mani, le nostre vite, i nostri desideri che avevano un destino già segnato.
Tanto più ci sentivamo fragili e senza futuro, tanto più era smisurata la bellezza effimera del nostro sogno.

Non sono mai guarita davvero. Ho perso tutto e avuto ogni cosa nello stesso istante.
Niente è più stato lo stesso nella mia vita. La purezza delle certezze, persa per sempre.



Ho una foto di quei giorni, e anche a distanza di tanto tempo mi trasmette intensamente la desolazione e la forza che ho provato in quei momenti. 
E' strano vedere la mia pelle ancora candida e quasi del tutto inviolata. Ma covavo nelle viscere tutto il nero che poi sarebbe trapelato, un po' per volta, lasciando le cicatrici che ora mi porto addosso sotto forma di inchiostro. 
E' iniziato tutto da lì, da un sogno, una spirale...una voragine.
My story to tell.

"We've come too far, not another day...no more 
there is no return, no words to explain
no excuses left to make, there is no one to blame
there is no one else to blame...but me."




mercoledì 27 luglio 2016

What the soul hides...

...ink tells.

Pensavo di scrivere un post sul mio ultimo tatuaggio, ma non lo farò. O forse centrerà anche lui, in qualche modo.

L'altra sera siamo passati in moto per il centro di Padova. Fa un caldo atroce in questi giorni, ma la brezza serale è un sollievo immenso per il motociclista. Ce la siamo presa con calma, passando per diverse strade e lasciando fluire i pensieri dopo una giornata lavorativa intensa come mille altre, tutte uguali. "Everyday is exactly the same..." - lo sa spiegare così bene Trent.
Ecco, mi sono già persa. Forse dovrei andare a morire sul divano guardando una sfilza di telefilm, o finire le millemila foto accumulate (sia stramaledetto il mio secondo lavoro) o  magari buttarmi a letto e riposare una buona volta gli occhi.
Invece no, starò qui a scrivere e contemporaneamente maledirmi mentalmente perché non ne sono più in grado, non come una volta.
Dicevo..

Passo per queste strade, con l'aria sul viso e la puzza di una città inquinata da fare schifo, e mi guardo intorno con la pacata rassegnazione di chi sa già che è cambiato tutto. Eppure ci sono cose che restano sempre uguali pur mutando leggermente aspetto, cose dall'essenza eterna, che si prestano così bene ai desideri della memoria.
Il Maldura è sprangato, visto l'orario, ma si erge splendido e maestoso...o forse è un po' in rovina? E' decadente, questa è la verità, ma io lo vedo monumentale e denso di significati. La statua di Petrarca è sempre lì, nella stessa maledetta posizione che se ora ci penso non la ricordo, ma vedendola potrei riconoscerla tra mille. L'inconscio ricorda a perfezione cose che la ragione offusca.

Su quei gradini ho lasciato così tanti pezzi di vita che vederli vuoti e macchiati da banali immondizie mi riempie l'anima di sconforto. Mi chiedo se odorino un po' anche di cipolla e di kebab, con tutti i pranzi consumati così, tra i libri dell'università e le chiacchiere fantasy.

Percorro le strade che ho fatto a piedi ogni stramaledetto giorno della mia vita per interminabili lunghissimi anni, ed immagino me stessa lì sul marciapiede, la borsa a tracolla pesante come un macigno per via dei libri, l'abbigliamento rigorosamente nero e un po' trasandato da brava nerd sfigata, il viso struccato e diafano, i capelli biondi.
Immagino di avvicinarmi a quella ragazza che non mi assomiglia e di sussurrarle all'orecchio. Vorrei dirle che tra dieci anni sarà tutto molto diverso, ma che lei sarà ancora lì, sulla stessa strada, e rincorrerà come perle preziose che cadono a vuoto in un precipizio tutti i ricordi più cari. I ricordi che per quella ragazza ora sono presente. 
Dovremmo sempre apprezzare di più il presente. Viverlo, spremerlo, buttarcelo addosso ed andarci in giro fieri come fosse la cosa più importante che abbiamo. Perché lo è davvero...importante. Ma soprattutto è insostituibile.

So perfettamente che non percorrerò mai più quella strada con gli stessi occhi e lo stesso cuore, potrei farla altre cento volte ma non sarà mai più lo stesso. Io non sono la stessa.
Vorrei dirle che è bella, che è speciale, e di smetterla di farsi paranoie e di starsene nel suo mondo convinta che verranno tempi migliori, tempi in cui si prenderà le sue rivincite e avrà modo di pensare più a vivere che a studiare. Vorrei urlarle di uscire, di fare cazzate, di ubriacarsi e di passare più tempo con quelle persone che ama. Ma lei non mi sente, ed io sono solo l'ombra dei desideri che un tempo ho avuto.
Vorrei dirle che si innamorerà ancora e che farà cazzate enormi. Ma che non guarderà più con la stessa meraviglia due occhi azzurri e non ci saranno altre favole su cui costruire assiomi e stelle vergini su cui trapiantare sogni. Vorrei poterle spiegare che nonostante tutto sarà forte, e che non smetterà di volare sempre più veloce di dove arrivano i suoi passi.

Se potesse sentirmi forse cambierebbe tutto, o magari no. 
Siamo in potenza un uragano di possibilità, ma preferiamo dormire tra la tempesta che è stata e quella che verrà.

Lo sapevo che alla fine il cerchio si sarebbe chiuso. E' così che funziona, è così che tutto acquista senso solo dopo molti anni, quando il pensiero abbraccia il senno di poi e la coscienza di sé traccia mappe chiaramente leggibili. 
Ma è sempre troppo tardi. Restano la nostalgia e la consapevolezza. Non ho certo imparato dai miei errori. Ma dormo in mezzo alla tempesta, e urlo verso la luna.




"Men with both roots and wings
they tie us down and ask us to leave
they are teachings unheard, they are bodies on smoke

Men with both roots and wings
at a singular voice we moan
our teachings mislead, our teachings like smoke

we sleep between the storm that was
and the wind which has to come



We've learnt to learn everywhere
and the very own nature has taught us to wait
difference does sound like sin, equality reliefs
and that fame rhymes with hate yet everything is fair
on the intervals of your death

misguided demons or forthcoming heroes
each one with an important name
nothing else than an important name.

Men with both roots and wings
at a certain time we are one
our little tricks, our innocence stubborn

Men with just little wings, men with just little minds
Men with just little eyes, men with just little deeds

sleeping between the storm that was
and the wind which fails to come (and finally)
blow us away."











giovedì 19 novembre 2015

We sleep between the storm that was...

...and the wind which has to come.



Ci sono cose che rimangono sempre uguali sé stesse per inedia, altre che invece sopravvivono agli anni perché si attaccano alla pelle e si insinuano nel cuore così in profondità da conquistare la forza di adattarsi infinitamente, di strisciare come un serpente verso nuove forme.

Ho sempre avuto poche certezze nella mia esistenza, una di queste è la musica. E il mio fanatismo introspettivo legato alla mia sensibilità assetata di manifestazioni emozionali ha eletto pochi nomi che fanno parte del mio olimpo personale delle divinità. Quelle divinità che non preghi ma adori con intima devozione, perché sono in grado di creare piccoli miracoli ogni volta che alzi il volume e la musica prende forma.

Quanta musica ho divorato, eppure sono pochi i nomi che amo alla follia, quelli che ho seguito in capo al mondo se necessario, quelli che non c’è lavoro/stanchezza/difficoltà che tenga. Quelli che hanno scritto pagine indelebili della mia vita nel momento in cui hanno regalato la loro arte al mondo, e nel mondo questa è entrata nelle vite dei singoli, si è trasformata, ha trovato significati infinitamente diversi.

Sono passati quindici anni da quando ho sentito per la prima volta Irreligious dei Moonspell. È stato amore totale, una folgore a ciel sereno che avrebbe segnato il resto della mia vita scandendone le tappe e regalandomi emozioni uniche. 
Se c’è una cosa che amo fare è legare momenti della mia vita a delle canzoni: è l’unico modo che conosco per rendere dei ricordi indelebili almeno a livello emotivo. Le forme scompaiono, i colori sbiadiscono, la mente non può serbare tutto ciò che vorrei. Ma il cuore sì, il cuore riconosce quelle note ed improvvisamente è come se il tempo non fosse mai passato.

Extinct è un album che sto amando moltissimo. Ho già avuto modo di apprezzarne l’enorme impatto che riesce ad avere live durante la prima tappa del tour. In quell’occasione ho avuto il piacere di intervistare Pedro e di stare un po’ nel backstage a chiacchierare con loro, ma ho dimenticato le foto. No, non è così grave, ma è triste per una come me, così fissata con i ricordi. 
Mi piace riguardare le vecchie immagini delle prime volte in cui li ho incontrati, quando il mio cuore di lupo era ancora così gonfio di adorazione che quasi non riuscivo a parlare con quell’uomo gentile che negli anni ha continuato a ricordarsi di me.
Ieri è stato il momento della seconda tappa del tour. Anche questa volta tanta strada e tanta stanchezza tra lavoro, vecchiaia, e impegni vari. Ma ho una persona che mi ama e mi sostiene anche in questo, nonostante non possa capire questo mio enorme desiderio, e gliene sono enormemente grata.



Mentre mi truccavo, davanti allo specchio, osservavo le rughe che inutilmente provo a tamponare con del correttore che non è mai abbastanza, e ripensavo alle prime volte, quando ero giovane e terribilmente sognatrice, quando mesi prima iniziavo a preparare i regali e i biglietti per Fernando, sperando in cuor mio di poter vedere ancora una volta quel bagliore dorato che hanno i suoi occhi, abbracciarlo e dirgli inutilmente altre mille volte “grazie”.
Presa da nostalgia sono andata a guardarmi qualche foto. No, non sembravo nemmeno io, doveva essere qualcuno che mi assomigliava e che sentivo molto affine. Sono tornata in bagno e ho frugato nel mio più vecchio beauty case, ritrovando quell’ombretto viola che avevo comprato con lui, a Vicenza, quando ancora c’era il velvet goth e i vestiti costavano troppo per le mie tasche. Fissavo lo specchio eppure era come rivedere un film: lui a casa mia, che per la prima volta aveva accettato di accompagnarmi ad un concerto, schivo com’era, ed io che mi truccavo con quell’ombretto per poi lasciare che mi facesse decine di foto. Quella sera suonavano i Moonspell.
Scadono gli ombretti? Forse sì, ma io quello l’ho conservato, e non solo, l’ho usato ieri sera, dopo così tanti anni. Sembra una stupidaggine, lo so, ma è sottile la linea che attraversa le nostre esistenze, collegando qua e là punti prima sconnessi. Quella linea può dare un senso alle cose più banali, creando connessioni magiche e silenziose che solo l’anima sa apprezzare.



A make-up completato ho studiato a lungo il mio viso. Non sono riuscita a vedere niente di quella ragazzina, eppure la luce negli occhi al pensiero del concerto imminente mi è sembrata proprio la stessa. Dopo tutti questi anni, dopo averli visti e rivisti, dopo aver sognato e osservato i miei sogni avverarsi. Sì, l’emozione è sempre la stessa. 
Così come succede con l’amore, quello vero, quando è in grado di mantenere sempre viva la fiamma primordiale che ha incendiato il cuore. Come quando ti svegli una mattina qualsiasi, dopo anni, accanto alla persona che ami, e ti accorgi che il tuo cuore la riconosce ancora come se fosse la prima volta.

Non ero mai stata prima in quel locale. Siamo arrivati di corsa dopo due ore di strada in tempo soltanto per il secondo gruppo spalla. Il palco era veramente grande, lo spazio per i fotografi una trincea piena di ostacoli mortali. Ma lo spirito di sopravvivenza del fotoreporter metal non ha eguali.

Esibisco il mio bel pass e cerco di trovare il mio angolino in trincea tra gli altri fotografi d’assalto, in equilibrio precario. Le luci si spengono, partono le note di Love you to death dei Type O Negative. Peter, il più grande e compianto “extinct”, ha una voce che pervaderà i secoli a venire, non ho alcun dubbio. Il tributo dei Moonspell a questo grande uomo mi commuove anche stavolta. Si accendono solo due luci verdi in suo onore, e nel silenzio della sala la canzone scivola nota dopo nota fino alla fine. Un’intro sublime. 
Mi siedo a terra e ascolto ad occhi chiusi: ancora non sono saliti sul palco e già sono riusciti ad emozionarmi.

Il concerto è una figata, come sempre. Mi affanno per fare il mio dovere di fotografa eppure non riesco a tenere la testa a bada. Urlo con loro, salto, esulto, e non mi sembra vero di avere ancora la voce alla fine. Aires mi saluta appena mi vede sotto il palco a inquadrarlo, Fernando mi ammicca sorridendomi. Sono già felice che metà basterebbe. 
Ma c’è dell’altro: una versione di Magdalene che non mi aspettavo assolutamente, e due delle canzoni che più amo e che non sentivo da parecchio tempo live: Nocturna ed Everything Invaded. Sono pezzi di vita che mi scorrono davanti agli occhi e in profondità nel flusso del mio sangue. Quindici anni fa come oggi tutto ha improvvisamente un significato, sempre diverso, sempre importante.

A concerto finito la birra è d’obbligo, un po’ di chiacchiere con alcuni amici trovati lì, e l’attesa per il meet and greet. Come al solito ho portato loro qualche regalino, Aires mi vede da lontano e mi chiama per nome con evidente felicità quando vede il pacchetto. È facile conquistare gli iberici con degli alcolici!
Foto di rito, e attendo che la calca diminuisca prima di avvicinarmi a Fernando. Avevo così tanta voglia di rivederlo…è una sensazione strana: non posso dire che sia come rivedere un vecchio amico con cui hai condiviso parte di vita, ma è qualcosa di molto simile. Sono emozionata nonostante sia la millesima volta che ci parlo, e ringrazio il mio cuore per essere ancora capace di emozionarsi così. Baci e abbracci, il mio cuore si calma. Sì, sono agitata ma la sua presenza mi calma. 



Gli chiedo la follia di scrivermi con la sua calligrafia una frase che sento il bisogno di tatuarmi: ride, dice che questa non gli era ancora capitata. Rido anch’io, perché nella fretta di partire dopo lavoro ho trovato solo un quadernetto rosa che avesse pagine bianche dove fargliela scrivere, e non dimenticherò mai l’immagine di lui chino su quei quadretti che si concentra per scrivere in modo leggibile. Inchiostro su carta, inchiostro sulla pelle…le cose davvero importanti devono essere indelebili.



Finito il meet and greet chiacchieriamo ancora, di musica, di cazzate, di vita. Nel backstage c’è così tanta puzza di cannoni che ringrazio di non vivere più con i miei genitori da anni o avrei avuto un paio di cosette da spiegare. È tardi, fottutamente tardi, ma c’è la birra, c’è la musica, c’è la compagnia: chi se la perde l’occasione di stare un altro po’ con loro? 
Altri momenti indelebili, e la sensazione di essere parte di qualcosa. Sono felice? Sì, sono felice. La musica è tutto, la musica unisce. Un ultimo abbraccio per salutarci. Mi mancherà così tanto.

Il mio cuore di lupo batte più forte per un istante e poi si calma. È quello il branco, è quella la luna più luminosa. Mi viene voglia di ululare ancora, come all’inizio di Full Moon Madness, all’unisono, per dire tutto quello che le parole tradiscono.


(Type O Negative - Love you to death)

mercoledì 10 giugno 2015

Second Love. The end of my Remedy Lane.



Dare voce a qualcosa che ha un profondo significato è sempre un'arma a doppio taglio. 
Forse sono stata ambiziosa: ri-arrangiare i POS per voce e basso (e che bassista!!), voler sfidare la voce che più amo (Daniel), provare ad esternare emozioni che in fin dei conti sono significative solo per me.
Ma è andata alla grande, molto meglio di quanto sperassi. 

Ed è stato meraviglioso poterlo fare con te: la prova più grande che il secondo amore esiste, ed è ancora più immenso.









lunedì 16 marzo 2015

Road to extinction



Extinct, gone forever. Irretrievably gone.

Extinction. Comes from the latin to extinguish. 

To abolish, to destroy. To put out as a flame.

A deeper darkness stripped of the possibility of a return to light.

A death-dealing darkness made more desolate, more outrageous by its permanence.

How much worse, how much outrageous, then, to bring on a darkness like this by an act of will.


The future is dark, but it's all that we've got.











...and Angels fall first.



sabato 13 dicembre 2014

Primavera alla deriva


Abbiamo avuto una stupenda primavera,
dipinta a pennellate rapide e colorate su tele effimere,
sottili come ali di farfalla nella brezza di marzo.
E’ stata una primavera di una durata straordinaria,
così lunga che abbiamo voluto crederla eterna,
piena di sementi pronte a sbocciare per creare nuova vita.
E’ stata la nostra giovinezza, la terra di nessuno
su cui costruire nuovi mondi per trovarvi rifugio negli anni a venire.

Poi il vento impetuoso, quello che ci ha travolti nei tiepidi pomeriggi,
cullandoci immersi in oceani fioriti,
ha lasciato posto all’arsura e alla terra incandescente.
La nostra estate è arrivata molto tempo dopo,
ed è stata folle e rovente.
Ci ha prosciugati e abbandonati sotto un sole violento
a cercare di starci addosso anche quando faceva male.
La nostra giovinezza era già svanita,
ma l’estate bruciava nelle ossa e alimentava quella fiamma
che volevamo chiamare soltanto nostra.

Sarebbe dovuto arrivare l’autunno prima o poi,
dovevamo saperlo.
Ma ci sforzavamo di cercare il colore del grano nell’oro delle foglie cadute,
e la soffice brezza primaverile nel vento che s’alzava dalla terra;
quel vento che adesso abbracciava la polvere sporca,
e ci turbinava attorno, scoperchiando i fragili tetti del nostro rifugio.
Come scoiattoli operosi avevamo messo via ricordi
ed emozioni nei momenti felici, per poterli inseguire
ora che la decadenza dell’autunno sbiadiva tutte le cose.
Forse non ci siamo mai accorti che il sole non scaldava più la pelle,
e che dietro la corteccia spessa il verde marciva.
Non eravamo ancora pronti a lasciarci sfuggire la giovinezza.

Quando è giunto l’inverno avevamo già dato fondo
a buona parte delle nostre provviste.
I cristalli di gelo, splendidi come diamanti e feroci come demoni,
ci hanno sorpresi alle spalle.
Noi ancora volgevamo lo sguardo indietro, ai momenti più dolci,
incapaci di accettare il lento deperire
che già in quella lontana primavera germogliava,
non per vivere, ma per iniziare a morire.
Alla prima leggera spolverata di neve ci siamo stretti più forte,
ma il freddo ci ha indurito il cuore
fino a impedirci di continuare anche solo a sfiorarci.
Il nostro inverno è avanzato lento e inesorabile,
mentre attraverso bufere e tormente ancora ci cercavamo,
incapaci di accettare il suo spietato volere.

Il nostro inverno era vestito di primavera quando ci ha consumati.
Ci ha resi orfani di quella favola
che avrebbe dovuto difenderci per sempre.

lunedì 3 novembre 2014



Così presto tutto passa.
Niente si sa, tutto si immagina.
Circondati di rose, ama, bevi.
Il resto è niente.












giovedì 4 settembre 2014

Malte Laurids Brigge

"Ancora per poco posso scrivere…Ma verrà un giorno in cui la mia mano sarà lontana da me, e quando le ordinerò di scrivere, scriverà parole che non voglio. 
Arriverà il tempo dell’altra interpretazione, e non rimarrà più una parola sull’altra e ogni senso si dissolverà come nube e ricadrà come acqua.
Nonostante la paura, sono come uno che sta davanti a qualcosa di grande, e ricordo che un tempo mi succedeva spesso qualcosa di simile, prima che cominciassi a scrivere.
Ma questa volta sarò io ad essere scritto. Io sono l’impressione che si trasformerà.
Ah, manca un niente, e potrei capire, approvare tutto questo. Un passo soltanto e la mia profonda miseria diverrebbe beatitudine.
Ma non posso fare questo passo, sono caduto e non posso più rialzarmi, perché sono a pezzi."




"Guàrdati dalla luce, che rende più vuoto lo spazio.
Non girare la testa, che a volte un’ombra non s’alzi alle tue spalle, come il tuo despota.
Meglio se fossi rimasto al buio, forse, e il tuo cuore sconfinato avesse cercato d’essere il cuore greve dell’Indistinto." 

R. M. Rilke - I quaderni di Malte Laurids Brigge

lunedì 23 giugno 2014

Il destino di una Volpe


"Perché la volpe è triste?" - chiese il Piccolo Principe 


"Perché l'hanno addomesticata e le hanno insegnato ad aspettare. Ma il rumore del vento nel grano le sussurra i nomi di coloro che ha amato e non sono più tornati."



mercoledì 14 maggio 2014

Separated chambers of the human heart

Brucio ponti e coltivo fantasmi. Lo faccio compulsivamente: scappo, distruggo, rinasco.
Ma non con te.
Quando ti ho incontrata ho capito subito che era tutto troppo speciale, fuori da ogni regola, comprensibile soltanto a noi, e inattaccabile, impossibile da scalfire.
Ti ho voluto bene come se ti amassi eppure amore non era, per questo non sarebbe potuto finire: tu ci saresti stata sempre, ne ero sicura.

La voragine che mi scavo da quando vado per il mondo è diventata profonda, ma non avresti dovuto caderci anche tu.
Non lo accetto, non lo capisco, non me ne faccio una ragione.
Sei la mia stella del nord, l'unica persona con cui sono riuscita ad essere me stessa, l'unico cuore che ho sentito battere con la netta sensazione di capirne i sussurri.
Come l'abbiamo usata male la nostra eredità.

Ti ho sempre aspettata nei mesi in cui sparivi, assorbita dal tuo mondo...dai tuoi mondi, che prima o poi si frantumavano da qualche parte e di nuovo ti affannavi a crearne degli altri.
Non sono mai stata invadente, non sono mai stata una che pretende, non ho mai amato dover chiedere qualcosa. Aspettavo, soffrivo la tua mancanza, eppure sapevo che eri sempre con me.

Perché tu ci sei sempre stata. Sempre, come se tutto il "prima" non fosse poi così importante.
Non lo so dove ti sei persa stavolta, in quale buio o in quale illusione così brillante da doverla assolutamente seguire a discapito di tutto il resto. Quel che è certo è che ti ho persa e non ho neanche capito bene come quando o perché.

Non insisterò più per ritrovare il filo che ho perso, non ti imporrò qualcosa che non desideri facendo stupide richieste.
Ti ho scritto a cuore aperto e ho avuto una risposta così banale e indifferente da agghiacciarmi il cuore. 
Non so dove ho sbagliato e non te lo chiederò mai. Quel che è certo è che per me resterai sempre sangue del mio sangue.

E se potessi farti un'ultima confessione, una di quelle che sarei capace di fare solo a te, ti direi che sono una fallita, che ora lo so con certezza. Che non faccio altro che arrancare tra mille impegni senza riuscire a concludere niente e sentendomi sempre più sola.
La differenza rispetto a prima? Che adesso neanche le illusioni mi salvano più, perché è successa quella cosa che per tutta la vita ho temuto....ho smesso di crederci.


Nowhere in Time. Trailer.


C'è ancora la rugiada sull'erba e la campagna intorno è silenziosa. Il passaggio è rimasto aperto e stavolta non ci sono più segreti: avanziamo a passi decisi attraverso l'intreccio di rami tra i respiri affannosi per tutto il peso caricato in spalla, dritti fino al cortile dove la vista di "lei" si erge maestosa e inquietante proprio come ce la ricordavamo.
Mi guardo intorno ed è tutto esattamente come nelle mie memorie, soltanto il caldo è meno cocente rispetto a quell'agosto in cui l'ho vista per la prima volta.
Abbiamo da fare, c'è un set da montare, le riprese che ci aspettano saranno intensive e tutti si mettono all'opera.

Ma io mi fermo e la sento respirare. In cuor mio, silenziosamente, la saluto e le chiedo scusa per non aver resistito alla tentazione di tornare a disturbarla.

La mattinata passa veloce, le riprese del video vanno alla grande e io ho un sacco da fare. 
Quando il sole è alto a mezzogiorno il ritmo inizia a diminuire, e il vento sale dalla campagna soffiando verso di noi. Lo sento sussurrare tra le foglie e insinuarsi tra le rovine.
Tutto è morto lì dentro eppur tutto si muove.

Ascolto il bisbigliare dei fantasmi che non sono altro che vestigia di un glorioso passato, chiudo gli occhi e lascio che tutto mi attraversi. Sono in pace, sono vuota, sono in un limbo tra il passato e il presente in cui c'è soltanto lei: eterna.
L'aria è densa di presenze indefinite e persino i miei passi tra l'erba alta adesso sussurrano di rimando al vento.
Sono parte di qualcosa di stupendo che invece agli altri fa paura. Vogliono andarsene via in fretta appena tutto è finito.

Attraverso il portone accarezzando le rovine con lo sguardo ancora una volta, e la saluto con una promessa: tornerò soltanto un'altra volta, con la neve.


E questo è un assaggio dell'ultima fatica dei Cruenta.
Un po' ti ho pensato, mentre mi improvvisavo cameraman di un video horror. 
Percorro strade che non dovevano essere le mie.


martedì 4 marzo 2014

Aggiornamenti telegrafici

E chi se la ricorda più la sensazione di avere del tempo per scrivere?
No no no, io proprio no.
 Ma non voglio che questo blog metta le ragnatele, che ne ho già abbastanza delle scarpie in casa...e la muffa e le crepe e il vecchiume....e everyday is halloween, dovevo proprio fare la strega di un film di Burton. /fine del delirio

Tutto procede allo stesso ritmo (da esaurimento), ma ho una novità.
A maggio ci trasferiamo. Già, dopo tutti gli sforzi per resistere in questa casa ho ceduto. 
La sento mia, è piena di ricordi stupendi, è ricolma del nostro amore, di ogni momento della nostra storia che qui dentro ha preso forma, ma non ce la faccio più. Non ci stiamo, e cade a pezzi.
Penso che solo quando ce ne saremo andati realizzerò davvero il distacco. Mi mancherà da morire, perchè rimarranno qui tutti i ricordi più belli, soprattutto quelli della prima estate trascorsa tra i sacrifici assurdi e l'amore che curava tutto.

Ma la nuova casa è grande, è più recente, ha un super terrazzo e tanti comfort in più. La pagheremo cara, con il sangue se le cose non miglioreranno, ma siamo proprio stanchi di arrancare per poche briciole. Tanto vale rischiare di vivere un po' meglio. E se falliremo, avremo almeno prima tentato.

E con questo svanisce il sogno del nord, restano i rimpianti, i fantasmi di un futuro che non avremo mai, le domande senza risposta. Io chiedo solo di vedere l'orizzonte quando mi affaccio alla finestra, e di avere una tana confortevole. 
Sì, sto invecchiando. Posso immaginare me stessa più giovane inorridire di fronte a queste mie affermazioni.

Come ci cambia la vita. Eppure oggi come ieri sono lì con il naso all'insù verso le stelle, quelle stelle che rimangono sempre le stesse.



giovedì 30 gennaio 2014

Dettagli


 Pensavo ai ricordi, poco fa, mentre mi asciugavo i due metri di capelli dopo la palestra, e il lettore mp3 passava canzoni che non avevo voglia di sentire.
Pensavo a quello che mi salta alla mente appena penso distrattamente alle persone a cui ho voluto bene, le persone con cui ho mischiato cuore e sangue. Pensavo a come restano in mente certi dettagli secondari, bizzarri, estremamente materici. Hanno odori precisi questi dettagli, e riesco a ricostruirli con incredibile verosimiglianza nonostante il tempo passato. Tutto il resto è già sfuocato, poco chiaro, attenuato dall'incapacità di ricordare volti, espressioni, avvenimenti, parole. Gli anni passano e il vortice cancella.

Però quei dettagli rimangono. E riaffiorano alla memoria così, quando meno te l'aspetti, estemporanei. Ti passano davanti agli occhi mentre stai fissando la strada, o quando sei al lavoro, nei momenti più impensabili, anche senza che qualche connessione logica ti abbia fatto pensare a quella persona. 
E li scacci via subito, ma restano quel tanto che basta per darti fastidio, con la loro ancora così forte concretezza, quando sai bene che quelle persone sono distanti ormai anni luce da te.

Sono in macchina e sto guidando sulla romea, c'è il sole ma fa freddo, e tu mi scrivi che vuoi che ascolti quella canzone prima di vederti, io prendo l'mp3 nero e arancione e la cerco tra mille altre, e nel mentre penso che è stupido doverla ascoltare proprio in quel momento, perchè è una canzone dell'addio, non del nuovo incontro. Ma lo faccio lo stesso, e mentre penso a quanto sei stupido a chiedermi una cosa simile sorrido, perchè so che è proprio la poesia che metti in quel tuo romanticismo ineguagliabile che mi ha fatto innamorare di te. 
Quando ho riascoltato quella canzone, pochi giorni dopo, c'era stato veramente un addio, e tutto aveva trovato improvvisamente senso.

Sono seduta sullo scalino della cucina, ho una camicetta da notte leggera e i piedi scalzi sul pavimento gelido. Ho lo smalto mezzo sbeccato e i capelli spettinati. Lui sta cucinando la cena e io lo osservo mentre continuo a sfornare chiacchiere inutili. Mi piace che si stia prendendo cura di me, mi piace la sua voce, le occhiate che mi lancia di tanto in tanto. Mi piace guardarlo, e immaginarlo mio. Mi piace essere lì, di nuovo, nella città che mi ha sempre frantumato il cuore. 
L'odore del curry e quello della sua pelle, li posso sentire ancora a perfezione.

Sono sul corso a Padova, il sole sta tramontando dietro i palazzi e i suoi raggi caldi mi arrivano in pieno viso, di lato. Fa caldo, ho sudato, e ho addosso quella canotta nera che mi sta malissimo ma secondo me è molto metal. Sono giovane, bionda e sognatrice. Il suo viso è lucido per il sudore, e quella camicetta è davvero orribile. Ma lui è lo stesso bellissimo. Ha due occhi enormi che mi fissano e sorridono. Mi dicono in un secondo tutto quello che desidero, tutto quello che avrei potuto farmi bastare per gli anni a venire. 
Capisco così tante cose in un sorriso talmente bello che vorrei dimenticare tutto il resto che è venuto. Ma questo non è il ricordo, questa sono io, vecchia, rossa e cinica, che rivivo il passato e non riesco ad accettarne le conseguenze.


sabato 5 ottobre 2013

The fox's den

Casa mia. Il buio è così perfetto che tutta la mia vita in mezzo al traffico, allo smog, al trambusto cittadino, mi sembra una farsa insopportabile.

Brindo ai miei, a tutti gli anni che hanno passato insieme, e sento di essere con le uniche persone al mondo che non mi deluderanno mai. 
Eppure sono scappata anche da loro. Ma per ogni cosa c’è il suo tempo, e quando il tempo è scaduto bisogna aver la forza di andarsene.

Penso ai miei errori, ai propositi di non commetterli mai più….alla mia convinzione di aver fatto scelte ben mirate questa volta. Quante certezze ci costruiamo per ripararci dalla realtà che non è mai come la vorremmo?
Non mi pento delle mie scelte, davvero, di nessuna, ma sono costretta a prendere atto dei miei fallimenti continui.

Vorrei avere il potere di cambiare le cose, la capacità di accettare, sorvolare, ingoiare, fregarmene. Ma a chi la voglio dare a bere? So bene come sono fatta. 

Continuo sulla mia strada e perdo pezzi. Ma sono capace di adattarmi e di cambiare forma infinite volte, devo solo continuare a trovarne la forza. 
Non importa se ho un altro squarcio e se ho dovuto una volta ancora ributtare tutto dentro, come Malte disteso sul letto a fronteggiare la “Cosa Grande”. E’ una febbre che nessuno vede, non ha cura e non c’è consolazione.

Ascolto il vento fra gli alberi mentre mio padre si ostina a voler cambiare una lampadina della mia macchina nel cuore della notte. Si preoccupa troppo, e forse fa bene.
Ripenso alle stelle, ai miei sogni, alle notti ferma in macchina a guardare il cielo perché tanto sapevo che non sarei riuscita a dormire. Per un attimo ho la sensazione che io non ce la farò mai a restare in un qualsiasi posto senza impazzire.

E’ ora di tornare da casa mia…ho un’altra casa che mi aspetta, in un posto che odio ma che è diventato in ogni caso “mio”. 
Percorro le stesse vie che ho fatto migliaia di volte prima di andarmene. Mi godo il buio, la strada che sembra finire nel nulla, i NIN nelle orecchie. Sento i miei fantasmi, sono lì con me. 

Poi parte Only, e penso a quanto mi è stata utile quella canzone quando ho dovuto imparare a fare la volpe senza principi e senza stelle. Mi ricordo bene quel periodo, quelle notti, ancora non so come ho fatto a tirarmene fuori, forse non ne sono mai realmente uscita.

Ma è allora che ho visto lei: con un balzo maestoso mi ha attraversato la strada, si è fermata un secondo a guardarmi, poi è sparita nel buio. 
Sì, una volpe. Ho pianto come una bambina.

venerdì 4 ottobre 2013

Sleeping with ghosts

Non riesco a dormire, e sono patetica se mi ritrovo a scrivere solo quando ho un nodo alla gola e non conosco altro rimedio per sentirmi meglio. Una scrittrice delle cause perse, una Adele H. che cerca una cura fai da te, ma non è ancora diventata abbastanza cieca da essere in grado di sopportare la realtà.
Pensavo che non mi sarebbe più successo: riversare fuori all’improvviso tutto quello che a suo tempo ho cercato di buttar dentro alla rinfusa. I’m healing now, diceva Daniel. E sono guarita, ovvio che sono guarita. Dovevo guarire, non c’erano altre strade.
La verità è che i fantasmi non se ne vanno mai, anche quando si fanno più silenziosi dandoti quasi l’impressione di essertene liberata. Sono consapevole di portarmi dentro tutto quello che è stato, la parte di me che ho dovuto uccidere, i miei incubi, la mia voragine, la mia vita che mi ha resa quella che sono. Non ho mai sentito il peso alleggerirsi, mai. Ho semplicemente imparato a conviverci.
Ero convinta di cavarmela piuttosto bene ormai. Molte piccole cose che fino a qualche mese fa mi riportavano sull’orlo della voragine adesso avevo imparato a controllarle. Una confortante insensibilità.
Tutte balle. Come mente bene la mente al cuore.
Basta uno stupidissimo evento, che scatena altri eventi, e una catena di casualità insignificanti si sprigiona fino ad arrivarti come un cazzotto in pieno stomaco. Ecco fatto: tutto quello che avevi stipato dentro se ne esce in un solo istante e finisce ovunque, sparpagliato. Ci sono tutti i tuoi fantasmi, i tuoi demoni, il tuo sangue versato. E non ce la fai a guardarli così direttamente in faccia.
E allora piangi e non riesci a trattenere gli spasmi del tuo corpo che fanno ancora male come la prima volta. E sembra quasi un film nel quale puntualmente torna la stessa scena: sei ancora lì al buio in macchina, con la stessa canzone, lo stesso dolore e la vista annebbiata.
Ma chi cazzo te lo fa fare di ricostruirti una vita se tanto sai bene che cammini in circoli? L’hai sempre saputo, fin da quando la prima volta ti sei accorta di esserti innamorata dell’impossibile.
Parlo a te che non sei più me. Ma ne sono poi così sicura? Rivedo le stesse scene, sento la tua voce, eppure sono certa di averti uccisa.
Sono più forte io. Tranne quando la vita mi prende a cazzotti sullo stomaco.
Divertenti, le coincidenze. Due parole su quel che è stato, i fantasmi che d’improvviso ti assalgono, e la realtà che sovrapponendosi a ciò che la tua mente cerca di evitare ti costringe ad accorgerti che è sempre la stessa storia. Anzi, stavolta è peggio, perché la vita ti ha presentato il conto facendotelo salato. Quel che rifuggivi alla fine te lo sei scelto, ed è inutile che te ne penti adesso, lo sapevi a cosa andavi incontro.
Ci illudiamo di amare qualcuno, qualcosa, una situazione, una prospettiva di vita.
Ma siamo semplicemente soli. Soli con i nostri ciclici ritorni di tutto quello che avremmo voluto evitare.
Soli con la consapevolezza che anche se qualcuno riesce a toccarci il cuore, la vita riuscirà a farcelo dimenticare. No one there, Sami lo sapeva.
Odio quel che ho avuto e mi struggo di nostalgia per ciò che non avrò mai.
Non riesco a vivere, non ci sono mai riuscita. Ho sempre troppe aspettative e le delusioni inizio a non sopportarle davvero più.


Ma sono una scrittrice patetica, probabilmente è ciò che mi merito.

...

Il fatto è che sto perdendo pezzi.
Ogni volta che qualcosa si rompe mi chiedo dove vadano a finire tutti i cocci che non riesco più a far combaciare alle estremità.
Compromessi, facciamo altri compromessi.
Sai cosa mi ferisce, forse solo in parte, ma non basta a non fartelo fare.
Vogliamo la nostra libertà, pretendiamo ciò che ci spetta. I compromessi aggiustano tutto.
Eppure ogni volta che ingoio le lacrime c’è qualcosa che si perde per sempre.
Temo il giorno in cui arriverà la sensazione che neanche l’amore basterà più.

….and love is not enough.


martedì 27 agosto 2013

Come closer...to God.


Hey pig, spero di incontrarti sai? Proprio là, alla fine della spirale. 
Voglio vedere gli occhi scuri in cui è sepolta la voragine che mi ha annientato. 

Non ci crederai ma la piccola volpe è cresciuta. 
E adesso vuole ridere, riderti in faccia come i milioni di sonagli che hanno rimpiazzato le stelle.




E se non ci sarai mi basterà lui, la sua voce, il suo tormento. 
Sarà come morire di nuovo, ma con la consapevolezza che si può sempre rinascere.

 “Hey piggy…nothing can stop me now….cause I don’t care anymore.”


"Hey pig? yeah you
hey pig piggy pig pig pig
all of my fears came true


black and blue and broken bones you left me here I'm all alone
my little piggy needed something new


nothing can stop me now, I don't care anymore
nothing can stop me now, I just don't care


hey pig, nothing's turning out the way I planned
hey pig, there's a lot of things I hoped you could help me understand

What am I supposed to do? I lost my shit because of you
 
Nothing can stop me now, I don't care anymore
Nothing can stop me now, I just don't care
 nothing can stop me now
you don't need me anymore."