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Amo la fotografia perché è quanto di più simile alla dimensione della memoria: una presenza-assenza di qualcosa che si guarda con occhi squisitamente ingannevoli.
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Dopo di che cominciò a pensare la fotografia in modo analitico, costruendo una differenza tra l’interesse umano e generale che una fotografia suscita, lo studium, e il genere di dettaglio (che essa può contenere o no) che perfora questa generalità, la spezza e la lacera, e così colpisce e dilania lo spettatore, il punctum.
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Lo scandalo della fotografia è la certezza dell’<<è stato>> che si attacca all’immagine, certezza che il <<punctum>> chiarisce come l’immagine della mortalità stessa: <<Dandomi il passato assoluto della posa, la fotografia mi dice la morte al futuro. Io fremo per una catastrofe che è già accaduta. Che il soggetto ritratto sia o non sia già morto, ogni fotografia è appunto una catastrofe.>>
(Rosalind Krauss su R. Barthes)
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"Credo davvero che ci siano cose che nessuno riesce a vedere prima che vengano fotografate."
(Diane Arbus)
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