~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

Original Blog -> Nepenthe


- EviLfloWeR -

* photos on flickr *
Lunacy 2 - Lunacy 3 - Lunacy 4
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Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

venerdì 2 dicembre 2011

Affondare con la bandiera spiegata


Lei si versa un altro bicchiere di vino
dicendosi una volta ancora che va tutto bene.
Ma prima, quest’oggi, ha perso un’ora.
Proprio come un buco spalancato..
dentro di lei.
Dentro di lei.

Ogni volta che un aereo passa,
o uno stormo di uccelli riempie il cielo,
qualcosa la commuove, nel profondo.
Lei non sa perché, ma..
sommessamente piange.
Sommessamente piange.



Lei indossa quel sorriso un altro giorno ancora.
Per quel che ne sappiamo, un’altra perfetta moglie.
Ma a volte sta solo fissando il nulla.
Proprio come un volto vuoto.
Lei non è là.
Lei non è là.

Ogni volta che un aereo passa,
o uno stormo di uccelli riempie il cielo,
qualcosa fa male, nel profondo.
Lei non sa perché, ma..
sommessamente piange.
Sommessamente piange.

Da qualche parte dentro di lei c’è una bambina
che desidera scappare via e volare.
Ma lei sta solo lasciando la vita scorrere.

Ogni volta che un aereo passa,
o uno stormo di uccelli riempie il cielo,
qualcosa si rompe, nel profondo.
Lei non sa perché, ma..
inizia a piangere.
Lei inizia a piangere.
Sommessamente piange.

(Paino f Salvation – Softly She cries)



Domenica di Pasqua, 20 aprile 1919

Nella pigrizia che segue ad ogni lungo articolo ho ripescato questo diario; e l’ho letto, come sempre si legge la roba propria, con una sorta di colpevole intensità. Confesso che lo stile rude e casuale, spesso così lontano dalla grammatica, e che invoca di continuo una parola diversa, mi ha in qualche modo afflitta.
Sto cercando di dire a quella me stessa che forse leggerà un giorno queste righe, che so scrivere molto meglio; che in queste pagine non spreco tempo; che le proibisco di consentire ad occhio umano di leggerle.
E ora posso aggiungere il mio piccolo complimento e cioè che hanno un loro vigore spericolato e talvolta fanno centro in bersagli impensabili. Ma quel che più conta è la mia convinzione che l’abitudine di scrivere così, per il mio solo occhio, è un buon esercizio. Scioglie le giunture. Poco importano le padelle e le papere. (…)
Per di più, mi balugina dinnanzi l’ombra di non so che forma alla quale potrebbe giungere un diario. Potrei, con l’andar del tempo, imparare che cosa si può farne, di questa sciolta e scorrevole materia di vita; trovare per questa forma un altro uso oltre quello a cui ora lo sottopongo, tanto più scrupolosamente e consapevolmente, nella narrativa.
Che tipo di diario vorrei fosse il mio? Un tessuto a maglie lente, ma non sciatto; tanto elastico da contenere qualunque cosa mi venga in mente, sia solenne, lieve o bellissima. Vorrei che somigliasse a una scrivania vecchia e profonda o ad un ripostiglio capace, in cui si butta un comulo di oggetto disparati senza nemmeno guardarli bene.
Mi piacerebbe tornare indietro, dopo un anno o due, e trovare che quel guazzabuglio si è trascelto e raffinato da sé, coagulandosi, come tali depositi fanno misteriosamente, in una forma; trasparente abbastanza da riflettere la luce della nostra vita, e pure ferma; un tranquillo composto che abbia il distacco di un’opera d’arte…


Martedì, 11 maggio 1920

Vale la pena di notare, a mio futuro vantaggio, che la forza creativa, che spumeggia così piacevolmente nel cominciare un nuovo libro, si acqueta dopo un certo tempo; e si continua più stabilmente. Il dubbio s’insinua alla chetichella. Poi ci si rassegna. Decisione di non mollare e il senso di una dorma imminente aiutano a tener duro più di qualsiasi cosa. Sono un po’ in ansia.
Come dar forma a questa concezione? Appena ci si mette al lavoro si è come uno che cammina, che ha visto la terra stendersi davanti a lui. In questo quaderno non voglio scrivere nulla che non mi diverta scrivere. Eppure scrivere è sempre difficile.



Lunedì, 20 aprile 1925

….Ora ho almeno sei racconti che mi zampillano dentro, e sento, finalmente, di poter coniare in parole tutti i miei pensieri. Resta nondimeno un’infinità di problemi. Ma non ho mai sentito prima d’ora quest’impeto, questa urgenza.
Credo di poter scrivere molto più in fretta: se è scrivere questo gettarsi della frase sul foglio; e poi la copiatura e ricopiatura a macchina, la prova e la riprova; la mia scrittura è ora come un tratto di pennello; solo più tardi lo riempio. Ora, mettiamo che io riesca a diventare uno dei romanzieri interessanti, non dico grandi, ma interessanti.
E’ strano, ma con tutta la mia vanità, finora non avevo mai avuto molta fede nei miei romanzi; né li avevo mai creduti la mia vera espressione.


Sabato, 20 marzo 1926

Ma che avverrà di tutti questi diari mi sono chiesta ieri. Se morissi, che ne farebbe Leo? Non gli andrebbe di bruciarli; e non potrebbe nemmeno pubblicarli. Be’, dovrebbe cavarne un libro, credo; e poi bruciare il corpo. Direi che c’è un libricino dentro; se i pezzi e i bocconi fossero un poco riordinati…..


Sabato, 11 febbraio 1928

…..Mi è nota ormai questa sensazione, di non riuscire a svolgere una frase e di star lì a borbottare a rigirarmi, mentre nulla mi sfiora il cervello, che è come una finestra vuota. Allora chiudo la porta del mio studio e vado a letto, mi metto i tamponi nelle orecchie e sto coricata un paio di giorni. E quante leghe percorro in quel tempo! Quante "sensazioni" si propagano su per la schiena e nella testa appena ne do loro la possibilità; che stanchezza eccessiva, che angoscia e disperazione, e che meraviglioso sollievo e riposo; poi, sofferenza di nuovo.
Nessuno, credo, è mai stato così sballottato su e giù dal suo corpo come me. Ma è passato, e non se ne parla più….



Martedì, 14 ottobre 1934

….Ho un gran sonno. Che sia la vecchiaia? Non riesco a scuotermelo di dosso. E una gran tristezza. Ma è perché ho finito il libro. Ho riguardato i vecchi diari - ecco un motivo per tenerli - e ho trovato la stessa profonda infelicità dopo Le onde, dopo Gita al faro. Fu allora, ricordo, che arrivai più vicina al suicidio, seriamente, dopo 1913. E’ naturale, infine. Dopo aver galoppato per tre mesi - tanto eccitata mi buttavo sui fogli - di colpo tutto è troncato: è naturale che passato il primo momento di meraviglioso sollievo si diffonda un terribile senso di vuoto. Nulla rimane delle persone, delle idee, della tensione, di tutta la vita insomma che turbinava nel mio cervello; e non nel cervello soltanto: s’era impadronita anche del mio riposo. (…) Dunque per le prossime due, o tre o anche quattro settimane
non posso far altro che cullarmi; rifiutarmi di affrontare la cosa, rifiutarmi di pensarci….


Mercoledì, 14 novembre 1934

…..Nota: sono disperata per la bruttezza del libro; non capisco come ho fatto a scrivere della robaccia simile, e con tanta emozione: questo ieri. Oggi mi sembra di nuovo buono. Un appunto per avvertire altre Virginie con altri libri che così vanno le cose: alti e bassi, alti e bassi; e la verità la sa Dio.


Venerdì, 6 agosto 1937

Verrà mai a galla un altro romanzo? Se sì, di che genere? So soltanto che dovrà essere dialogo, e poesia, e prosa: tutto molto distinto. Non più libri lunghi e serrati. Ma non ho alcun impulso e aspetterò; e non importa se l’impulso non si concreterà mai; benché sospetti che un giorno o l’altro ritroverò l’antica estasi. Non voglio scrivere altri romanzi.
Voglio esplorare un nuovo metodo critico. Una cosa credo sia dimostrata: non scriverò mai per "piacere", per convertire; ora sono interamente e per sempre padrona di me stessa.


Lunedì, 18 dicembre 1939

Una volta di più, come tanto spesso è accaduto, vado a caccia del mio caro quaderno ricoperto di rosso; per quale istinto, non so dire con certezza. Perché, quale sia lo scopo di questi appunti, io non lo so; se non che diviene una necessità sgranchirsi, e qualcosa di tutto ciò può interessarmi più tardi. Ma che cosa? Perché qui non raggiungo mai il fondo; sono troppo velocemente sospinta alla superficie. E sempre scribacchio prima di rientrare, e tengo d’occhio l’orologio, Sì, dieci minuti appena, che posso dire? Nulla che richieda pensiero; ciò che è una sfida, perché io penso abbastanza spesso. E penso proprio i pensieri che potrei scrivere qui. Sull’essere un’outsider. Sulla mia diffidenza del decoro professionale…..



Venerdì, 29 marzo 1940

…. Forse mi metterò a sognare anche un libro di prose poetiche; e forse, di quando in quando, farò un dolce. Dunque, dunque, niente più scaramucce con il futuro o nostalgie del passato. Confida nel lunedì e nel martedì e non t’incolpare di sentimenti egoistici: perché, in nome di Dio, ho adempiuto al mio compito, con la penna e la parola, verso la razza umana…


Domenica, 29 dicembre 1940

Vi sono momenti in cui la vela si affloscia. Così, poiché sono una grande amatrice dell’arte della vita, decisa a succhiare la mia arancia, e poi via subito come una vespa se il boccio su cui mi poso appassisce, com’è accaduto ieri, me ne vado oltre i colli, verso le scogliere. (….) Ma se stanchi il tuo corpo, il cervello dorme. Ogni desiderio di scrivere il diario è scaduto. Qual è l’antidoto giusto?….


Domenica, 8 marzo 1941

Appena tornata dalla conferenza di L. a Brighton. Come una città estera, il primo giorno di primavera. Donne sedute sulle panchine. Un grazioso cappello in una sala da tè, come la moda ravviva l’occhio! E le vecchie: crostacee, pavesate, imbellettate, cadaveriche, nella sala da tè. La cameriera in cotone a quadretti. No: non c’è introspezione. Noto la frase di Henry James: osserva senza tregua. Osserva l’avvicinarsi della vecchiaia. Osserva la voracità. Osserva il tuo stesso avvilimento. Con questo mezzo diventa utile. O così spero. Insisto nello spendere questo tempo traendone il miglior vantaggio.
Voglio affondare con la bandiera spiegata. Questo, lo vedo, è sull’orlo dell’introspezione; ma non vi cade ancora. Mettiamo che io mi abboni alla biblioteca, ci vada tutti i giorni in bicicletta, a legger libri di storia. Mettiamo che io scelga una figura dominante in ogni epoca e vi scriva intorno. Occuparsi è essenziale.
Ed ora, con un certo piacere, mi accorgo che sono le sette e che devo preparare la cena. Merluzzo e salsicce. Credo che sia vero che scrivendone, ci si rende in qualche modo padroni del merluzzo e delle salsicce.

( Virginia Woolf – diario di una scrittrice )

Pochi giorni dopo era sott’acqua, senza più dover pensare alla cena, alla vecchiaia, o a cosa ne sarebbe stato del suo diario.



“La vita, insomma, è molto solida o molto instabile?
Sono ossessionata da questa contraddizione. Dura da sempre, durerà sempre, affonda giù fino alle radici del mondo, quest’attimo in cui vivo. Ed è anche transitorio, fuggevole, diafano. Passerò come una nuvola sulle onde. Forse, può essere che pur cambiando, pur fuggendo uno dietro l’altro così rapidi, così rapidi, abbiamo -noi esseri umani - una qualche successione e continuità, e la luce ci attraversi.”

1 commento:

Anonimo ha detto...

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