~ ..la Volpe Funambola ammazzaprincipi.. ~
~ Fragile ~

"...Sometimes it feels it would be easier to fall
than to flutter in the air with these wings so weak and torn..."

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- EviLfloWeR -

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Lunacy Ph

"Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d’offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale;
che accompagna col piede la melodia
delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
"

- F. Pessoa -

~ REMEDY LANE ~

- We’re going nowhere...All the way to nowhere –



"Forse sono l’uomo con le leggendarie quattro mani
Per toccare, per curare, implorare e strangolare.
Ma io non so chi sono,
e tu ancora non sai chi sono..."

F. R.

mercoledì 18 aprile 2012

Non torna indietro...

..chi dipende da una stella.





“Era primavera. Il sole sorrideva beato nel cielo limpido e profondamente azzurro, ma raramente i raggi si perdevano sino a raggiungere il mezzanino di quel palazzo nello stretto vicolo laterale.

Se mai vi giungeva un chiarore, spuntando dalle piccole finestre, e gettava cerchi guizzanti sulla parete imbiancata della misera stanza, era certamente di seconda mano, era infatti riflesso da qualche finestra dell’alto palazzo di fronte.”



“Stavo trascorrendo un’assolata mattina d’agosto nel bosco. Stavo disteso nel muschio increspato e scintillante e lo stavo osservando.
Osservavo come proiettava riflessi verdi sulla ghiaia bianco-argentea come se proiettasse attorno a sé cristalli di malachite.

E percepivo il suo lento e lieve progredire, che svegliava i fiori stupiti dal lungo e soave torpore.”



“Questa è la mia lotta,
sacra alla nostalgia,
vagar ogni giorno –
poi forte e vastamente

con mille radici
penetrar profondo nella vita
e nella sofferenza
maturar oltre la vita
oltre il tempo.”



“Ah, passai tra le macchie come il vento
e d’ogni casa fuggivo come un fumo.

Quando altri dei lor usi compiacevansi
restai austero cime un uso forestiero.

Le mie mani penetravan spaventose
nel sigillato altrui destino,

l’effusione moltiplicava tutti:
ed io non potevo che spandermi.



Vedi, anche per contemplare gli astri
t’occorre una piccola base terrena,
ché la fiducia vien sol dalla fede.

Ed ogni bene è una ripetizione.
Ah, la Notte da me nulla pretendeva,

ma quando alle stelle mi volgevo,
contaminato all’Incontaminato,
dov’ero? ed ero qui?



In questo ansioso viaggio fluisce
incontro a me la calda via del cuore tuo?

Poche ore ancora ed io le mani
mie poserò nelle tue;
ah, da quanto non si sono riposate.

Puoi immaginare quanti anni
ormai passo – estraneo tra estranei
ed ora infine tu mi conduci a casa!”



“T’ho cercato ovunque
nella selva, nel piano e nel bosco.
Non ti trovai, forse tu sei
troppo dentro al mio cuore.

’T’ho cercata ovunque’... Ecco, vedi: io c’ero, sì c’ero, ma diffidavo della mia anima, diffidavo del mio corpo e diffidavo della mia vana ricerca – e non potevo scrivere, perché c’era sempre di mezzo il mio cuore troppo dolorante, che anelava verso di te, il mio cuore ormai stanco, forse già da tempo condannato – ma solo il mio cuore – non parole – neppure una parola – e io non potevo scrivere il mio cuore.”
 
 (R. M. Rilke - Estratti dalle lettere a Magda von Hattingberg)



Vi è mai capitato di sentire un libro chiamarvi? Proprio come se da quelle pagine inanimate e appesantite dall’inchiostro potesse giungere una voce, ma una voce che non parla come siamo abituati a intendere noi le parole.

Difficile sentirla se non si è mai imparato ad ascoltare, a percepire quel linguaggio muto che parlano le cose quando ci stanno intorno per lungo tempo.



Questi diari mi ubriacano. Ogni parola, pezzo dopo pezzo, delinea una forma così ben scolpita in ogni suo dettaglio, una forma che riempie a perfezione quel vuoto che io ancora mi porto dentro.

Ogni parola, ogni singola parola, vorrei averla scritta io. Forse potrei averla scritta io.

Se solo il tempo e lo spazio non esistessero, vorrei correre a bussare alla sua porta: <<Piacere Rainer, sono Malte. Ti ho cercato così a lungo…>>



Seguo il giovane Malte mentre percorre le vie di Parigi, con passo svelto e la mente assorta.
Quasi sussulto con lui, quando ad un angolo lo sorprende l’indicibile, e lo sovrasta fino ad annientarlo.

Gli cammino affianco ed ho paura, perché so che anche lui ha paura; so che in ogni cosa, per quanto piccola ed insignificante, può annidarsi quel qualcosa di inspiegabile.

E so che lui percepisce il mondo come me, so che siamo soli entrambi in questa malattia, ma seguo i suoi passi, e ciò mi rassicura.

Percorro le vie parigine proprio come facevo anni fa, quando mi muovevo maldestra alle spalle di Baudelaire, e respiravo l’aria malsana di quella città, l’odore del vino, delle prostitute, dei malati, delle carogne.

E vedevo tutto come dipinto su una tela dalle tonalità fosche e pesanti…vedevo e vivevo. Non avrei mai voluto uscirne.



Passano gli anni e capisco che Malte non invecchierà mai, che rimarrà sempre a un passo da quella comprensione totale che potrebbe cancellare ogni ombra, alleggerire ogni pena.

Passano gli anni e ti torno a cercare.
Non mi chiamo più Malte, ma ho bisogno di Rainer.
Ho bisogno di comprendere quel che l’Indicibile risparmia ed elargisce come briciole ai comuni mortali.
Ho bisogno di sapere che anche tu vivevi ed amavi. Che nulla avrebbe potuto realmente annientarti.







“Quello che non ho è una camicia bianca
quello che non ho è un segreto in banca
quello che non ho sono le tue pistole
per conquistarmi il cielo per guadagnarmi il sole

Quello che non ho è di farla franca
quello che non ho è quel che non mi manca

quello che non ho sono le tue parole
per guadagnarmi il cielo per conquistarmi il sole



Quello che non ho è un orologio avanti
per correre più in fretta e avervi più distanti

quello che non ho è un treno arrugginito
che mi riporti indietro da dove son partito



Quello che non ho sono i tuoi denti d’oro
quello che non ho è un pranzo di lavoro
quello che non ho è questa prateria
per correre più forte della malinconia




Quello che non ho sono le mani in pasta
quello che non ho è un indirizzo in tasca
quello che non ho sei tu dalla mia parte
quello che non ho è di fregarti a carte
Quello che non ho è una camicia bianca



quello che non ho è di farla franca
quello che non ho sono le tue pistole
per conquistarmi il cielo per guadagnarmi il sole


(De Andrè – quello che non ho)


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