..riempie il vuoto di una vita fallita.
Gli uomini vorrebbero poter dimenticare molto di questo; il loro sonno livella con dolcezza tali solchi nel cervello, ma i sogni lo scacciano e rintracciano i segni.
E quelli si svegliano ansimanti e lasciano fondere nell’oscurità la luce di una candela e bevono, come acqua zuccherata, il conforto della penombra.
Ma su che margine posa tale sicurezza? Basta il più piccolo cambiamento, ed ecco lo sguardo, di nuovo, fuori da ogni cosa nota ed amica, e il contorno un istante prima tanto consolante diventa con più chiarezza un margine dell’orrore.
Guàrdati dalla luce, che rende più vuoto lo spazio; non girare la testa, che a volte un’ombra non s’alzi alle tue spalle, come il tuo despota.
Meglio se fossi rimasto al buio, forse, e il tuo cuore sconfinato avesse cercato d’essere il cuore greve dell’indistinto.
Ora ti sei raccolto in te, ti vedi finire davanti a te nelle tue mani, di tanto in tanto con un movimento incerto ripercorri il tuo viso. E dentro di te non è quasi spazio; puoi dirti appagato se la strettezza del tuo intimo non può contenere nulla di grande; se anche l’incommensurabile deve entrare in te adattandosi alle tue condizioni.
Ma fuori, fuori tutto è imprevedibile; e se la Follia sale fuori, essa cresce anche dentro di te, non nei vasi che in parte controlli, o nel flemma dei tuoi organi più indifferenti: aumenta nei capillari, aspirata dai canali fino alle diramazioni estreme della tua esistenza infinitamente ramificata.
Là si alza, là ti travalica, arriva oltre il tuo respiro, su cui sei salito a rifugiarti come nel tuo ultimo asilo.
E poi, dove, poi: dove? Il tuo cuore ti spinge fuori da te, il tuo cuore ti incalza alle spalle, e sei già quasi fuori di te e non puoi più rientrare.
Come un coleottero calpestato, coli fuori di te, e quel po’ di durezza che ti resta alla superficie, l’elasticità di adattamento, non servono più a nulla.
e quando ti penserò, penserò un pensiero
che oscuramente cerca di ricordarsi di te."
- Julio Cortazar -
Fagocitare soluzioni precarie non fa altro che inaridire un deserto di aspettative deluse, che si sgretola piano e si prosciuga nelle crepe, invocando ciò che non può arrivare.
Rivoli salati di lacrime corrodono i residui dispersi, e frammentano la visione come specchi infranti.
“Sta male perché è ancora troppo fragile..” - dicono. Ma lo sanno quel che dicono? Parlare di male e non saperlo concepire. Sono solo parole soffiate nel vento, lasciate fluire per non sentirle.
Tutto rientra negli schemi, copioni già visti. Tutto si sistemerà seguendo un percorso vecchio di secoli, lisciando la superficie, scorrendo abilmente ai margini dei sentimenti, perché trafiggerli e costringersi a guardarli sanguinare è troppo difficile.
Rispetto il copione, ma niente rispetta me.
La coppa è vuota, niente potrà riempirla. Mi aggrappo ai pezzi di vita che trovo, li respiro a fondo, li spingo fin nelle viscere di quel che mi resta.
Respiro tutto per non soffocare, ma la sete permane e non sa che non c’è più nulla da prosciugare.
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